Diario del seminario sulla Bhagavad-gita: il dono e l'offerta
Prabhupada desh, pomeriggio del 23 aprile 2011
Oggi pomeriggio la lezione è interamente dedicata a domande e risposte. I tanti stimolanti interrogativi permettono di approfondire insegnamenti di grande valore.
“Le scoperte che facciamo nella vita debbono portare ad una modificazione del nostro comportamento. Persino il pentimento non ha valore se non è seguito da un'azione coerente di correzione.
Sapete perché le persone perdono tempo? Perché sono tramortite dagli attaccamenti e lacerate da contraddizioni interne.
Concentratevi sulla vostra trasformazione interiore, prima ancora che su quella degli altri. Quando si è impegnati in un lavoro serio su sé stessi, si riesce a comunicare con maggiore autorevolezza e beneficio per tutti.
Dio ha infinite energie ed è la sorgente di prakriti e purusha. La realtà esplicita, manifesta, ha il fondamento nella realtà implicita. Non quel che si vede ha valore, ma quel che non si vede, diceva Paolo di Tarso, e lo stesso concetto lo spiega Krishna nella Gita.Krishna è talmente alto e altro rispetto alla prakriti, che non ci è consentito di dire che sta nella prakriti. La prakriti è la manifestazione immanente di Dio, ma al tempo stesso Dio non si esaurisce nella prakriti, è ben oltre ad essa nella Sua forma trascendente.
Dobbiamo riconquistare la nostra relazione con Dio. A seconda di come noi investighiamo l'onnipotente e a seconda di come ci predisponiamo, Krishna reciproca dandoci la memoria, la conoscenza o l'oblio (Bg. XV.15).
Dharmya è uno stato dell'essere: significa essere solidali con tutto il creato e le creature. Quando non si coltiva tale solidarietà, si sperimentano conseguenze distruttive.
La prakriti fa paura (malattie, vecchiaia, persone care che vengono portate via dalla morte...), ma Krishna ci conforta: “non tutto è prakriti”, e inoltre: “la prakriti è da Me pervasa”. Esiste dunque una via d'uscita alle miserie dell'esistenza incarnata. Krishna ci svela l'immortalità ed invulnerabilità del sé.
Realizzare la nostra identità spirituale distinta dalla prakriti è il primo passo verso la felicità. Realizzare che il nostro essere è parte dell'Essere immenso. Attraverso queste comprensioni, possiamo entrare in contatto con Dio, fino a stabilire una comunione con Lui. Esistono varie vie dello Yoga per ricongiungerci a Dio. Krishna nella Gita spiega che il collegamento attraverso l'Amore è quello che maggiormente gradisce.
Krishna si manifesta nel cuore, ma non è solo nel nostro cuore. Chi realizza Dio Lo vede e Lo adora nel cuore di ogni essere, sapendo che pervade ogni più infinitesimale e infinita parte dell'universo.
Nello Shrimad Bhagavatam si dice: chi vede Dio solo nella Divinità rappresentata dalla Murti nel Tempio e non nel cuore di ogni creatura, può essere paragonato ad una persona che offre oblazioni nella cenere. Non si deve servire solo la Divinità nel tempio; dobbiamo riservare benevolenza ad ogni creatura. Anche chi esegue i riti in maniera perfetta, non potrà mai soddisfarmi se ignora la mia presenza nel cuore di ogni essere, dice Krishna nella Gita.
Si possono trasformare i contenuti della memoria? Sì, attraverso un'azione consapevole, rigorosamente nel segno del dharma, in ossequio a tutto ciò che è Bene, quel Bene assoluto che sta oltre il bene e il male mondani.
Se rimaniamo connessi a Dio e agiamo nel dharma, in breve anche le parti più involute della nostra persona si trasformano (parinama) e ritornano ad essere ciò che in origine erano.
In che modo l'esperienza estetica può condurre alla realizzazione del Divino? Come si può amare con distacco emotivo? Quali sono i segni, le emozioni, il comportamento di chi contempla il bello collegandolo a Dio? Quali sono invece i sintomi di chi ne gode egoisticamente?
Spesso ci si sente lacerati tra ciò che piace e rappresenta una promessa di gioia, e la necessità di privarsene per evolvere. Il mondo appare dominato da contrasti, da apparenti dicotomie insolubili. Se osserviamo con maggiore attenzione, il contrasto dualistico tra materia e spirito si attenua, fino a che realizziamo che eravamo noi a proiettare quel contrasto, con i nostri condizionamenti. Esiste infatti un ordine cosmoetico armonizzandosi al quale possiamo attualizzare la nostra potenzialità spirituale, attraverso una visione universale in cui tutto è posto al servizio del Divino.
Il dharma si suddivide in due categorie: sanatana dharma, il dharma cosmico, e sva-dharma, il dharma individuale di ogni essere. Non è tanto importante quel che si fa, ma la nostra volontà di collegarci – attraverso quell'azione - al sanatana dharma. Che il dharma individuale sia in armonia con il dharma universale: questo è il segreto della vita.
Possiamo fare qualsiasi cosa purché sia collegata a sanatana dharma. Possiamo compiacerci di qualsiasi cosa che abbiamo fatto, ma purché sia un compiacimento onesto, intriso di gratitudine per chi ci ha dato gli strumenti per fare quella cosa. Non c'è niente di nostro, neanche il corpo! Se guariamo dalla malattia del possesso, ci diventerà naturale restituire tutto quello che abbiamo ricevuto a chi ce l'ha donato, e questo si chiama gratitudine. La gratitudine è una porta che apre verso orizzonti immensi. Se io sono grato al Signore per quel che mi ha concesso di fare, scopro che a questa gratitudine corrisponde una gioia straordinaria.
Non si può diventare grandi se non impariamo l'arte dell'offerta. Se ci accostiamo a cose e persone con questa consapevolezza e con sentimento di gratitudine verso il Divino, e agiamo come se compissimo un dovere sacro, realizziamo che non c'è niente di proibito: accostarsi ad un uomo, ad una donna, ad un laghetto di montagna, ad un fiore...Una volta riconquistata questa visione del mondo e sensibilità, non ci farà fatica amare con distacco emotivo.
I saggi vedono il mondo come un luogo intriso di sofferenze, nel quale si aggira lo spettro della morte, e gli esseri come in una corsa accelerata verso il baratro. Come fare a godere egoisticamente delle povere spoglie di una persona che è in corsa verso la morte? Perché invece non parlare con lei di argomenti illuminanti, perché non invitarla a fare una revisione approfondita dei propri scopi di vita? A chi dedica ogni risorsa per accumulare cose in questo mondo, ricordiamogli che non le terrà per sempre e che è di gran lunga più benefico e sicuro dedicarsi a ciò che ha un valore ontico, che non scade nel tempo.
Govinda das dice in “Bhajahu re mana”: cosa me ne faccio della gioventù, della ricchezza, della famiglia, del denaro quando la vita nel corpo non dura più che una goccia d'acqua poggiata sul petalo di un fiore di loto? L'esistenza incarnata è precaria, ma ciò non significa che dobbiamo narcotizzarci e cessare di agire. Dobbiamo invece impegnarci a coltivare virtude e conoscenza, a percorrere i sentieri dell'Amore divino, che possono darci tutte le soddisfazioni che ricerchiamo.
Se non realizziamo questa verità, vivremo nel sogno-incubo della femmina balba (Divina Commedia, Purgatorio XIX.1-33). Esiste la bellezza ed esiste il nostro desiderio di bellezza, ma dobbiamo stare attenti a non proiettarla laddove la bellezza non è. Noi tutti aspiriamo alla forza, alla bellezza, alla sapienza, ma perché non andiamo a cercarle laddove in realtà esse si trovano? Perché abbiamo un ostacolo: il velo di maya. Dobbiamo liberarci dal velo di maya che stravolge la nostra visione, che fa vedere la gioia nel dolore, la purezza nell'impuro, come nella metafora dell'albero capovolto della Gita in cui le radici guizzano verso il cielo e i rami si conficcano nella terra. Le persone sotto il velo di maya tendono a gioire di ciò che provoca dolore e a voltare le spalle a ciò che darebbe loro la vera gioia.
Siamo tutti tagliati per la felicità, ma la dobbiamo andare a cercare laddove essa davvero si trova: nello spirito dell'offerta. Lo spirito dell'offerta è il segreto sovrano della vita. Non c'è niente di proibito: le montagne, gli oceani, le gemme preziose...ma perché vorremmo averle solo per noi? Tutto esiste per essere condiviso con gli altri e con Dio.
Vivere perennemente nello spirito dell'offerta di cui parla Krishna nella Gita, ci permette di avvicinarci al fascinans e al tremendum di questo mondo senza essere scossi, fagocitati o travolti dalle nostre emozioni”.
Concludiamo la giornata con letture di poesie degli Alvar. L'immensità di Dio rifulge in ogni parola ascoltata, e soprattutto rifulge la grandezza della Devozione per Lui come tesoro più prezioso.
Vostra servitrice,
Madhavipriya dasi