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Diventare capaci di accogliere la misericordia

«Fate attenzione a non perdere per strada la misericordia e a chiederne sempre di più: “Dammi la tua misericordia!”».
Lo afferma Śriman Matsyavatara Prabhu in una lezione del mattino, tenuta nel 2014 e contenuta nella raccolta "Il Giardino del Santo Nome".
Nella breve registrazione (9 minuti) il Maestro invita a «farci contenitori adeguati della misericordia perché un conto è non averla ricevuta e un conto è averla ricevuta e poi averla perduta».

Come si ottiene la misericordia e, poi, come la si mantiene?
«Narottama dāsa Ṭhākura – spiega Śrīla Gurudeva - insegna a ottenere la misericordia, e a mantenerla, sviluppando quei sentimenti attraverso i quali la misericordia ricevuta rimane in noi». La misericordia può così “essere metabolizzata” «e una volta metabolizzata poi è per tutti». «Ma se la perdiamo non solo non la possiamo dare agli altri ma non ne possiamo beneficiare nemmeno noi».
Narottama dāsa Ṭhākura fu un grande acārya, uno dei più illustri rappresentanti della Bhakti del XVI secolo, noto per i suoi appassionati e travolgenti kīrtana, in cui offriva i suoi canti devozionali intrisi di invocazioni alla misericordia dei vaișṇava.

Ma cos’è esattamente la misericordia?
Spiega Śrīla Gurudeva: «Śrīla Prabhupāda ha tradotto tante volte che significa: “Dammi servizio”. E il servizio - ci ha spiegato in mille occasioni - dipende dalla nostra attitudine. Noi possiamo essere in mezzo a una montagna di servizio e non vederne neanche un granello, e possiamo essere laddove altri vedono un deserto e noi vedere immense opportunità di servizio. Dipende dalla coscienza spirituale, a che livello siamo situati. Se siamo situati a un buon livello di realizzazione vediamo servizio dovunque; se vediamo deserto significa che “non abbiamo occhi per vedere”. Kṛṣṇa dà a tutti l’opportunità di servire ed è chiaro che la compagnia dei devoti è essenziale».
«L’uttama-adhikārī (il devoto più avanzato, ndr) è caratterizzato dal fatto che, anche là dove non ci sono devoti, lui ne ispira e ne suscita l’ispirazione. Quindi noi possiamo essere sempre in compagnia di Kṛṣṇa e dei devoti, posto che abbiamo la coscienza elevata».

Come alzare il nostro livello di coscienza?
Spiega Śrīla Gurudeva: «Attraverso una rigorosa sadhāna-bhakti, basata su orari, su continuità e intensità, che sono il segreto del successo, ed evitando di commettere le dasha-aparadha (le dieci offese, ndr)», suggerendo di assumere queste indicazioni «al contrario», cioè in positivo.
Dove ad esempio si dice di “non invidiare, criticare offendere un devoto che ha dedicato e dedica la propria vita alla pratica del Santo Nome”, fare il contrario significa: glorificare quel devoto.
Dove si dice di “non essere distratti durante il canto del Santo Nome”, significa cantare con concentrazione.

Śrīla Prabhupāda spiega«che dobbiamo pronunciare suoni udibili, muovendo le labbra, perché ciò aiuta a evitare due gravi deviazioni che invalidano la pratica: mudha, la sonnolenza, e vishipta, la distrazione».
Entrambe rovinano la pratica spirituale impedendo di raggiungere l’obiettivo, ovvero «entrare nel campo energetico della Divinità e stare con Kṛṣṇa mentre cantiamo il Santo Nome».
Hari-nama-japa – ricorda il Maestro - «è una pratica più complessa di quello che sembra a prima vista, tanto facilitata dalla misericordia ricevuta quanto dalla compagnia dei devoti, sat-sanga».
Attenzione, però: «È indispensabile anche lo sforzo personale: non è sufficiente la compagnia fisica dei devoti o vivere vicino ai devoti. “Vivere vicino ai devoti” significa vivere in sintonia, in affinità elettiva».
La stessa affinità va ricercata con il Santo Nome, che da nama-basa (un infimo standard di pratica) va trasformato in nama-ruci. Śrīla Gurudeva invita a: «Sentire il gusto del Santo Nome», che porta nel cuore «una grande dolcezza, una dolcezza infinita». «Il Santo Nome possiede questa qualità, sta a noi entrarci in rapporto».
Dalla registrazione, di cui ho riportato pressoché integralmente la trascrizione, si evince che la lauda di Narottama dāsa Ṭhākura che il Maestro stava commentando quel mattino è la “Sāvaraṇa-śrī-guara-pāda-padme”, preghiera ai piedi di loto di Śrī-Gaurāṅga, dal Prārthanā, che QUI possiamo ascoltare cantata da Śrīla Prabhupāda, con l’opportunità di assorbire l’infinita misericordia che ci arriva attraverso la voce del Puro Devoto.

Bhaktin Francesca Nicastro 

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