L’iniziazione alla vita spirituale
di Shrila Bhaktisiddhanta Sarasvati Thakur
La cerimonia di diksha o iniziazione è quella attraverso la quale il Maestro Spirituale consente ad una persona di accedere al sentiero della ricerca spirituale. La cerimonia ha lo scopo di conferire illuminazione spirituale attraverso l’eliminazione della tendenza al peccato. La sua efficacia dipende dal grado di volontaria cooperazione da parte del discepolo, e perciò non è la stessa in tutti i casi. Non preclude la possibilità di una regressione del novizio alla condizione non spirituale, se questi lesina gli sforzi o si comporta male. L’iniziazione pone la persona sul sentiero della verità e conferisce un impulso iniziale a progredire.
Non è però sufficiente a far avanzare una persona illimitatamente, a meno che questa non scelga di propria volontà di contribuire con i propri sforzi. La natura dell’impulso iniziale varia anche a seconda della condizione del recipiente [il discepolo], ma nonostante la misericordia del buon Maestro ci consenta di avere una visione dell’Assoluto e del sentiero per raggiungerLo, il seme piantato richiede cure molto attente sotto le direttive del Maestro stesso per poter germogliare e diventare un albero che dona frutti e frescura.
A meno che non si scelga di servire Krishna di nostra spontanea volontà, dopo aver ottenuto un’idea sommaria della Sua vera natura, non potremo mantenere a lungo la visione spirituale. L’anima non è mai costretta da Krishna a servirLo.
Ma l’iniziazione non è mai completamente inutile: cambia l’atteggiamento del discepolo nei confronti della vita. Se egli pecca dopo l’iniziazione può cadere in condizioni di degradazione più basse del non iniziato. Ma anche se dopo l’iniziazione possono esserci temporanei regressi, questi di norma non impediscono la liberazione finale. Il più fioco bagliore della vera conoscenza dell’Assoluto ha sufficiente potere per cambiare radicalmente e per sempre la nostra intera costituzione mentale e fisica, e questo bagliore non può essere totalmente offuscato, eccetto in casi straordinariamente sfortunati.
E’ senza dubbio possibile per l’iniziato, se solo egli lo desidera, seguire le indicazioni del guru, che conducono gradualmente all’Assoluto. Il vero Maestro è davvero il salvatore delle anime cadute; è però molto raro che una persona di moderna cultura senta l’inclinazione a sottomettersi alla guida di un’altra persona, soprattutto per quanto concerne questioni spirituali. Eppure la stessa persona si sottomette senza problemi alle indicazioni di un medico per essere alleviata dalle sofferenze fisiche. Questo perché queste ultime non possono essere ignorate senza conseguenze evidenti a tutti. Il male che scaturisce dalla nostra negligenza nei confronti delle sofferenze dell’anima, è di natura tale da paralizzare e confondere la nostra comprensione, impedendone così il riconoscimento. La sua gravità non viene riconosciuta perché apparentemente non si frappone in maniera così diretta tra noi e le nostre attività mondane. La persona di cultura media è perciò totalmente libera di porre domande senza realizzare la pressante necessità di sottomettersi alla cura di un medico davvero competente nella guarigione di infermità spirituali. Le domande più frequentemente poste sono di questo tipo: perché mai dovrebbe essere necessario sottomettersi ad una persona specifica o partecipare ad una specifica cerimonia allo scopo di realizzare l’Assoluto, che per Sua propria natura non è soggetto a condizioni? Perché dovrebbe Krishna richiedere la nostra dichiarazione formale di sottomissione a Lui? Non sarebbe più generoso e logico permetterci di vivere la nostra vita in libertà, secondo i principi della nostra natura distorta, che è sempre Sua creazione?
Ammettendo anche che sia nostro dovere servire Krishna, perché dovremmo essere presentati a Lui da una terza persona? Perché è impossibile servirLo direttamente? Sarebbe senza dubbio assai conveniente e di grande aiuto essere educati da un buon Maestro che conosca e comprenda le Scritture. Ma non ci si dovrebbe mai sottomettere a qualcun altro fino al punto da permettere ad una persona disonesta di fare del male. Il cattivo maestro è un personaggio noto. E’ inconcepibile come quei guru che vivono apertamente nel peccato riescano comunque a mantenere il cieco apprezzamento della parte acculturata dei loro discepoli. Quando le cose stanno così, possiamo criticare una persona che esita a sottomettersi incondizionatamente ad un maestro, sia questi buono o cattivo? E’ certamente necessario essere certi dell’autenticità di una persona, prima di accettarla anche solo vagamente come nostra guida spirituale. Un Maestro dovrebbe possedere qualità che ci permetteranno di riscoprire la nostra natura spirituale. Questi e simili pensieri potrebbero sorgere nelle menti della maggior parte di coloro che hanno ricevuto un’educazione moderna, quando viene chiesto loro di accettare l’aiuto di una persona specifica come loro maestro spirituale. La letteratura, la scienza e l’arte d’Occidente promuovono il principio della libertà individuale e condannano la mentalità che conduce all’abbandono ad una persona, per quanto superiore. Esse inculcano la necessità e l’alto valore della fiducia in sé stessi e il diritto di scegliere il proprio cammino. Ma il buon Maestro richiede sincera e completa sottomissione. Il buon discepolo si abbandona completamente ai piedi del Maestro. Ma la sottomissione del discepolo non è irrazionale, né cieca. E’ completa a condizione che il Maestro stesso continui ad essere un buon Maestro. Il discepolo conserva il diritto di rinunciare al suo abbandono al Maestro nel momento in cui lo considera creatura fallibile come lui. Né un buon Maestro può accettare qualcuno come discepolo a meno che quest’ultimo sia pronto a sottometterglisi volontariamente. Un buon guru ha il dovere di rinunciare ad un discepolo che non desidera seguire in maniera completa i suoi insegnamenti. Se un Maestro accetta come discepolo una persona che rifiuta di essere totalmente guidata da lui, o se un discepolo si sottomette ad un guru non totalmente qualificato, tale Maestro e tale discepolo sono entrambi destinati a cadere dalla loro via spirituale.
Non si può essere un buon Maestro senza aver realizzato l’Assoluto. Colui che ha realizzato l’Assoluto è salvo dalla necessità di camminare su sentieri mondani. Il buon guru che vive la vita spirituale è perciò necessariamente e completamente buono. Dovrebbe essere totalmente libero da qualsivoglia desiderio di qualsiasi cosa di questo mondo, buona o cattiva che sia. Le categorie di bene o male non esistono nell’Assoluto. Nell’Assoluto ogni cosa è buona. Nella nostra attuale condizione non possiamo avere idea di questa assoluta bontà. La sottomissione all’Assoluto non è reale a meno che non sia anch’essa assoluta. E’ sul piano dell’Assoluto che al discepolo è richiesto di sottomettersi completamente al buon Maestro. Sul piano materiale non ci può essere completa sottomissione. La simulazione di sottomissione completa al cattivo maestro è responsabile delle corruzioni che si riscontrano nella relazione tra l’ordinario guru mondano e i suoi egualmente mondani discepoli. Tutti coloro che pensano in modo onesto realizzeranno la logicità della posizione sopra descritta. Ma la maggior parte delle persone sarà incline a credere che un buon Maestro come sopra descritto non si possa trovare in questo mondo. Ciò è vero: sia il buon guru che il suo discepolo appartengono al regno spirituale. Ma la sottomissione spirituale può comunque essere realizzata da persone di questo mondo, altrimenti nel mondo non ci sarebbe in nessun modo religione; ma il fatto che la vita spirituale possa essere realizzata in questo mondo non significa che l’esistenza mondana diventi spirituale solo con una spruzzata superficiale di spiritualità. A dire il vero l’una è completamente incompatibile con l’altra. Sono categoricamente differenti l’una dall’altra. Il buon Maestro, sebbene sembri appartenere a questo mondo, non è di questo mondo. Nessuno che appartenga a questo mondo può liberarci dalla mondanità. Il buon guru è un abitante del regno spirituale, che per volontà divina si manifesta nel mondo per permetterci di realizzare l’esistenza spirituale. La tanto decantata libertà individuale è il barlume di un’immaginazione distorta. Volenti o nolenti siamo costretti a sottometterci alle leggi di Dio, sia nel mondo materiale che in quello spirituale. La bramosia di libertà contraria alle Sue leggi è la causa di tutte le nostre disgrazie. La completa rinnegazione di ogni tipo di bramosia per questa libertà è la condizione per essere ammessi nel regno spirituale. In questo mondo desideriamo questa libertà ma siamo costretti, contro la nostra volontà, a sottometterci alle leggi della natura materiale. Questo è uno stato innaturale. La repulsione nei confronti di una sottomissione totale non ci concede l’ingresso nel regno spirituale. In questo mondo il principio morale richiede proprio la nostra sottomissione volontaria, ma anche la moralità è una riduzione della libertà causata dalle peculiari circostanze [culturali] di questo mondo. L’anima, che non appartiene a questo mondo, è in una condizione di esplicita o implicita ribellione contro la sottomissione ad una dominazione esterna. E’ per sua propria costituzione capace di sottomettersi spontaneamente all’Assoluto.
Il buon Maestro chiede all’anima in lotta di sottomettersi non alle leggi di questo mondo, che la incateneranno sempre più alla sua condizione, ma alle supreme leggi del mondo spirituale. La simulazione di sottomissione alle leggi del regno spirituale senza l’intenzione di applicarle realmente nella pratica, viene spesso scambiata per genuina sottomissione. In questo mondo lo stato di piena convinzione è inesistente. Siamo perciò costretti, in ogni caso, ad agire sulla base di verosimiglianze, le cosiddette ipotesi vaghe. Il buon Maestro ci dice di cambiare il metodo di azione che abbiamo appreso dall’esperienza in questo mondo. Ci invita per prima cosa ad essere completamente e pienamente informati sulla natura e sulle leggi dell’altro mondo, che è eternamente e categoricamente differente da quello fenomenico. Se non ci sottomettiamo sinceramente per apprendere l’alfabeto della vita eterna, ma continuiamo ad asserire perversamente, per quanto inconsciamente, i nostri meccanismi e le nostre convinzioni contro gli insegnamenti del Maestro nel periodo del noviziato, rimarremo dove ci troviamo. [omissis].
Ma a dire la verità, anche quando ci riserviamo il diritto di scegliere seguiamo noi stessi, perché anche quando ci sembra di seguire il Maestro, lo seguiamo perché sembra essere in accordo con noi. Ma poiché i due mondi non hanno assolutamente niente in comune, quando pensiamo di comprendere realmente il criterio del Maestro o il Maestro stesso, stiamo vivendo solo un’illusione. Solo la fede nelle Scritture può aiutarci in questo tentativo altrimenti impraticabile. Crediamo al guru con l’aiuto delle Scritture, anche se non possiamo comprendere pienamente nessuno dei due. Non appena siamo pienamente convinti della necessità di sottometterci senza ambiguità al buon Maestro, è allora e solo allora che Egli può mostrarci la via verso il mondo spirituale, in accordo al metodo che gli shastra descrivono a tale scopo e che Egli sa applicare in maniera corretta, senza commettere errori fatali, appartenendo Egli stesso al regno dello Spirito.
Il cuore della questione non risiede nella natura esteriore della cerimonia dell’iniziazione, così come ci appare, poiché essendo un atto dell’altro mondo, è per noi incomprensibile; risiede invece nella convinzione della necessità e della scelta di successo di un Maestro davvero qualificato. Possiamo pervenire alla convinzione della necessità dell’aiuto di un bravo Maestro attraverso l’esercizio della nostra ragione imparziale, alla luce dell’esperienza ordinaria. Quando questa convinzione si è pienamente strutturata, Shri Krishna Stesso ci aiuta a trovare il buon Maestro in due modi. Per prima cosa Egli ci insegna caratteristiche e funzioni di un buon Maestro attraverso le Scritture rivelate. In secondo luogo, Egli Stesso ci invia il buon Maestro nel momento in cui possiamo beneficiare dei Suoi insegnamenti. Il buon Maestro viene a noi anche quando lo rifiutiamo. Krishna rivela dall’eternità informazioni sul mondo spirituale nella forma di suoni trascendenti, che sono stati tramandati nelle scritture sacre di tutto il mondo. Le sacre scritture aiutano tutti coloro che sono preparati a fare esercizio con la ragione, allo scopo di trovare non il relativo ma la verità assoluta, per trovare il Maestro adatto, secondo le loro direttive. L’unico buon Maestro è colui che ci può far realmente comprendere le Scritture, e queste ci permettono di realizzare la necessità e la natura della sottomissione ai processi in esse descritti. Ma la possibilità dell’inganno c’è sempre.
Un uomo molto intelligente o un mago possono farsi passare per persone in grado di spiegare adeguatamente le Scritture per mezzo della loro conoscenza o arte illusoria. E’molto importante, perciò, guardarsi da tali trappole. Lo studioso, come il mago, pretende di spiegare le Scritture semplicemente secondo i parametri di questo mondo. Ma le Scritture stesse dichiarano che non ci rivelano affatto cose di questo mondo. Coloro che sono soggetti ad essere illusi dall’arte di pseudo yogi si convincono che lo spirituale sia identico alla perversione, alla distorsione, o alla sfida delle leggi della natura. Le leggi della natura materiale non sono irreali. Esse governano la relazione di tutte le esistenze relative. Nella nostra attuale condizione è perciò sempre possibile che qualcuno che possiede potere o conoscenza ci dimostri la natura meramente speculativa di ciò che noi scegliamo di considerare come nostra convinzione più profonda, esponendone l’insufficienza o l’inapplicabilità. Ma queste elucubrazioni, poiché appartengono al regno del fenomenico, non hanno niente a che vedere col mondo dell’Assoluto. Coloro che provano attrazione non spirituale per l’erudizione o per la magia, cadono nella trappola degli pseudo spiritualisti. La grave condizione di queste vittime della loro propria perversione, si realizza nel fatto che nessuno può essere liberato dallo stato d’ignoranza con la forza. Non è possibile salvare l’uomo che rifiuta a priori di ascoltare la voce della ragione. Il pedante empirista non fa eccezione a questa regola. Il puro significato degli shastra dovrebbe perciò essere il nostro unico orientamento nella ricerca del buon Maestro, quando sentiamo davvero la necessità della sua guida. Le Scritture hanno definito il buon guru come colui che in prima persona conduce vita spirituale. Non sono le qualifiche mondane a fare il buon Maestro; è solo per mezzo di una completa sottomissione ad un tale Maestro che possiamo essere aiutati a tornare nel regno spirituale, nostra originaria dimora, che sfortunatamente è una vera e propria terra incognita per quasi tutti noi al momento, inaccessibile per una mente e un corpo simili, risultato dell’abuso della nostra facoltà di libero arbitrio e del conseguente accumulo di un letale carico di esperienze mondane [samskara] che abbiamo imparato a considerare [unica e] vera sostanza della nostra esistenza.