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Preparare la discesa di Shri Krishna nel nostro cuore

Oggi si celebra la ricorrenza sacra di Shri Krishna Janmasthami, in cui si ricorda e glorifica la discesa di Dio in questo mondo.

Ieri pomeriggio, nella comunità spirituale di Prabhupada Desh ad Albettone (Vicenza), Guru Maharaja Shriman Matsyavatara Prabhu ci ha offerto insegnamenti importanti per preparare la nostra coscienza alla celebrazione di Shri Krishna Janmasthami. Ecco qui di seguito una sintesi di questi insegnamenti, affinché tutti noi oggi, con amore, possiamo accogliere e glorificare il Signore nel nostro cuore.

“Vorrei porvi alcuni quesiti che vi servano da stimolo per la vostra introspezione e riflessione; quesiti e insegnamenti finalizzati ad apprezzare e a valorizzare meglio la ricorrenza sacra di Shri Krishna Janmashtami. Faremo dunque un lavoro di preparazione. Quest'ultima costituisce l'aspetto più importante dell'intraprendenza umana. Perché è il più importante? Perché la preparazione è addirittura più importante dell'esecuzione di qualcosa? Perché la preparazione all'azione ci permette di fare solo ciò che ha veramente valore, e non il resto. Questo ci evita di perdere energie e tempo e di fare tante fatiche inutili. L'essere umano ha una grande qualità che lo contraddistingue da tutte le altre creature: egli può finalizzare le proprie attività al bene ultimo. Tutte le altre specie finalizzano le loro attività al bene relativo, quello che appare loro come il più utile ma che non corrisponde al fine supremo della vita.

Ci stiamo apprestando a celebrare la ricorrenza dell'apparizione di Dio in questo mondo, la sua manifestazione nella storia. Tante persone importanti sono apparse nella storia e sono poi diventate famose nella società umana, ma Dio non è una persona ordinaria: è la suprema Persona. E' dunque indispensabile fare un approfondito lavoro di preparazione interiore affinché la Sua apparizione venga adeguatamente compresa, accolta, con la conseguente purificazione della nostra mente e del cuore.La celebrazione di Shri Krishna Janmasthami è un'opportunità straordinaria. Ma invero di quale opportunità si tratta? E' l'opportunità di fare un vero e proprio balzo evolutivo, che è cosa ben diversa dal salire uno scalino per volta lungo la scala della coscienza. É la possibilità di fare un grande salto di qualità, che è ben più di un salto quantico: è un salto spirituale.

Gurumaharaja danza di fronte alle divinità

 

 

Durante la celebrazione di Shri Krishna Janmasthami ci dedicheremo all'ascolto delle narrazioni delle sacre Scritture che raccontano la manifestazione di Dio in questo mondo, per immergerci nell'esperienza sublime del Signore che entra nella storia. Il tempo, che altrimenti sarebbe un'entità impercettibile, impalpabile ed impersonale, attraverso la discesa dello Spirito nel mondo dà origine alla storia e ci rende capaci di cogliere il trascendente nell'immanente. In questo modo ciò che inizialmente era amorfo prende forma: diventa la storia, la nostra storia.

Con Dio o senza Dio, tutto cambia. Solo se di Lui si è consapevoli, la vita acquista senso. Ma ci sono cosiddette brave persone che si chiedono: perché dobbiamo rivolgerci a Dio? Non potremmo dedicarci semplicemente al bene evitando il male? Non potremmo dedicarci alla verità evitando le menzogne? Non potremmo esercitare la pietà senza dipendere da Dio? Perché voler imporre a se stessi la presenza del Divino? Non è soltanto un falso bisogno o un'invenzione umana? Che ciascuno si chieda in tutta onestà se potrebbe fare a meno di Dio nella sua vita, e che cosa sarebbe, senza Dio, la propria esistenza e quella delle persone che conosce.

Poiché stiamo apprestandoci a celebrare la ricorrenza della manifestazione di Dio in questo mondo, penso che sia importante chiederci che cosa è la vita con o senza Dio. Quanto Dio è presente nella nostra esistenza? E quanto invece non ne siamo consapevoli così come vorremmo? Al di là delle frasi già fatte e dei rituali che scandiscono la nostra quotidianità, impegniamoci ora a fare un bilancio della nostra vita con gli strumenti a nostra disposizione, cercando di comprendere quanto siamo coscienti di Dio. Shrila Prabhupada ha scelto un nome apparentemente inusuale per il Movimento che ha fondato: Movimento per la Coscienza di Krishna. Questo Movimento serve a far diventare le persone coscienti di Dio.

Ma in quale misura noi conosciamo Dio? E che cosa davvero significa “conoscere Dio”?

Krishna per definizione, così come è indicato anche dall'etimologia del nome, è supremo fascino e attrazione. Un'attrazione tale che richiama tutti a Lui. Ogni essere è naturalmente attratto da Dio: questa è la legge fondamentale della vita e di tutti gli universi. Aristotele diceva: Dio è il motore immobile di tutto ciò che è. Dio attrae ognuno a sé. Dunque non avremmo da fare nessuno sforzo o fatica per provare attrazione verso Dio, ma poiché abbiamo commesso diversi errori e abbiamo creato in noi molte resistenze, soprattutto psicologiche, incontriamo una certa difficoltà ad essere attratti spontaneamente verso Dio. Questa attrazione spirituale è operante in maniera continuativa, ma non esercita la sua influenza in maniera così violenta o dispotica da annullare il desiderio e la forza di volontà individuale. Gli esseri non sono come materiale ferroso che viene attratto meccanicamente da una calamita che è Dio; ciascuno di noi può scegliere se andare verso Dio o se voltargli le spalle. Le Scritture indovediche ci spiegano che gli infiniti universi hanno in Krishna un comune centro denominatore di attrazione: il Fascino supremo che è Dio stesso e che, come un immenso magnete, tutto attrae e muove, ma al contempo rimane ad ogni essere la facoltà di scegliere in che modo comportarsi, dove volgere e direzionare la propria attenzione, amore e coscienza.

Ma davvero si può fare a meno di Dio nella nostra vita? Fare a meno di Lui significa fare a meno della propria evoluzione ed essere destinati per certo all'infelicità.

Ma non potremmo evolvere ed essere felici senza Dio? Non potremmo autonomamente, sulla base della nostra propria forza, dedicarci alle attività pie? Possiamo diventare perfetti senza Dio?

Possiamo fare del bene ed essere buoni senza votarci a questa entità divina che potrebbe anche essere un'invenzione umana o un'astrazione?

Per rispondere a queste domande, dovremmo interrogarci su cosa davvero significa fare del bene ed essere buoni. Non è semplice comprenderlo, anche perché molte concezioni umane sono influenzate da pregiudizi e condizionamenti. Esistono due categorie di bene: relativo ed assoluto. Qual è la differenza tra le due? Il bene assoluto non dipende da nessuna circostanza esterna: è un principio immutabile che non risente del fattore temporale e spaziale. Ciò che è un bene assoluto, lo è ad oriente e ad occidente, nel passato e nel presente. Un bene relativo invece, quando mutano le condizioni, potrebbe anche diventare un male, e viceversa. Dunque il cosiddetto bene e male sul piano relativo-mondano non rappresentano che due facce della stessa medaglia.

 

L'essere umano, quando si riferisce a principi e concezioni relativi, non dovrebbe illudersi che quello che ritiene sia bene, lo sia per tutti. E non dovrebbe pensare che il bene che fa gli apparterrà per sempre, anche dopo la dipartita o la fuoriuscita dal corpo. Il bene così come generalmente viene inteso dagli uomini, non è sufficiente a garantire la nostra immortalità, sapienza e beatitudine.

Come facciamo allora ad accedere al bene assoluto?

Dobbiamo diventare capaci di soppesare e valutare le nostre convinzioni, affinché ciò in cui crediamo non sia frutto di una visione superficiale, di fideismo o fede cieca, ma qualcosa di reale che noi, se non proprio lo viviamo, almeno lo intravediamo. È infatti quello che intravediamo e che sperimentiamo che va a costituire la nostra fede matura, ben oltre le semplice credenze.

Esistono strumenti e percorsi che ci permettono di prendere coscienza della nostra concezione relativa di bene e di buono e di superarla; per riuscirci, poiché ancora non abbiamo accesso diretto a Dio, dobbiamo aiutarci facendo riferimento alle sacre Scritture e a chi ne vive con coerenza gli insegnamenti. Attraverso di loro possiamo imparare a distinguere tra l'apparenza e la realtà. Tra ciò che è essenza o principio e ciò è dettaglio, quest'ultimo inevitabilmente soggetto a modificazioni a seconda di tempo, luogo e circostanza.

Le sacre Scritture di ogni tradizione religiosa e gli esseri umani evoluti, grandi spiritualisti innamorati di Dio, hanno lasciato tracce luminose seguendo le quali l'essere umano può evolvere. Seguendo queste tracce divine, la persona può purificarsi fino a fare un vero e proprio salto di paradigma che fa ascendere dal bene relativo al sommo bene trascendente, che corrisponde proprio alla dimensione del Divino. Le scritture vaishnava della Shruti e della Smriti descrivono un percorso improntato a sattva guna che permette all'essere di purificare la propria esistenza. In questo modo, impostando la nostra vita secondo frequenze di natura sattvica, riusciamo ad orientare e a volgere il nostro bene relativo verso il bene assoluto delle Scritture. Ma chi ci dice che queste Scritture siano parola di Dio? Ce lo dice Dio stesso e ce lo dicono persone sagge, speciali, grandi devoti la cui vita è il migliore modello per la nostra vita. Anime eccelse, che pur essendo state portatrici di una struttura psicofisica con tutti i limiti ad essa intrinseci, hanno ciononostante vissuto mostrando esempi fulgenti di comportamento, che sono come fari che illuminano il percorso dell'umanità.

Chi non sa apprezzare tali anime, significa che ben poco conosce della loro vita, parola, opera. Queste persone hanno lasciato segni della più grande lungimiranza, bontà, pace, concordia, amore, e non soltanto sul piano familiare, sociale, umanitario: hanno descritto e dimostrato l'esistenza di quell'amore divino che muove il mondo, di quella benevolenza universale che predispone ad una vita di soddisfazione profonda, rivelandoci il senso del nascere e del morire, della gioventù e della vecchiaia e di ogni manifestazione della vita.

Il senso dell'esistere può essere intuito solo in uno stato superiore di coscienza. Ecco perché dobbiamo predisporci; non è infatti con le nostre considerazioni logiche che possiamo ascendere al trascendente. Impegniamoci dunque non solo a comprendere razionalmente quello che le grandi anime hanno detto, ma cerchiamo di cogliere la coerenza delle loro vite e farla nostra. Non limitiamoci a ripetere in maniera mnemonica il messaggio delle Scritture senza praticarlo nella nostra esistenza, senza coglierne il valore spirituale assoluto.

Come Krishna spiega nella Bhagavad-gita (IV.34): “Avvicina coloro che hanno conoscenza, poni loro domande e con umiltà servili”. La conoscenza di cui qui si parla non è quella del relativo, ma è la conoscenza metafisica che principalmente ci permette di distinguere tra il corpo e lo spirito. Chi non è ancora pervenuto alla presa di consapevolezza di questa differenza sostanziale tra la prakriti e il purusha, non ha fatto nemmeno il primo passo verso la suddetta conoscenza spirituale o jnana. Darshana significa avere visione della realtà più alta e Shri Krishna ci spiega nello shloka sopra menzionato della Bhagavad-gita come venirne a contatto: attraverso la compagnia delle persone sante e il servizio offerto a loro. Così il Signore stabilisce il principio fondamentale cui possiamo sempre riferirci per orientarci al livello più alto, per fare quella trasformazione di consapevolezza che da coscienti della prakriti ci porta ad essere coscienti di Krishna. Questo non significa che la materia debba essere esecrata o disprezzata. In fondo la materia, nella nostra condizione di incarnati, è lo strumento che Krishna ci mette a disposizione per fare esperienze ed evolvere nella nostra comprensione spirituale e trascendere i limiti intrinseci all'incarnazione. Traiamo dunque vantaggio dagli strumenti che abbiamo a disposizione per liquidare i nostri astrusi condizionamenti ed oscuri attaccamenti.

Per evolvere e realizzare Dio e la sua natura, oltre allo studio delle sacre Scritture e al servizio alle persone sante, ci aiuta molto l'invocazione dei Nomi divini. Non c'è niente che purifichi di più che chiamare Dio per nome. Con questa consapevolezza creiamo dunque in tutti noi la giusta predisposizione per invocare la discesa di Dio nel nostro cuore. Cuore non inteso come muscolo cardiaco ma come quel metaspazio in cui Shri Krishna dimora e da là dirige il migrare di ogni essere. Io sono nel cuore di chi mi accoglie nel cuore, dice il Signore degli Alvar. Nel cuore, in questo cuore, noi possiamo accogliere Shri Krishna”.

In questo momento siamo nel Tempio di Prabhupada desh e Guru Maharaja ci sta raccontando gli antefatti della discesa di Shri Krishna in questo mondo attraverso le narrazioni del Bhagavata Purana.

L'ascolto degli insegnamenti spirituali, ci spiega Shriman Matsyavatara Prabhu, è la più importante delle attività devozionali perché da esso deriva tutto il nutrimento di più alta qualità per l'anima. Il bene e il male della nostra vita sono la conseguenza di quel che abbiamo ascoltato e anche del modo in cui lo abbiamo ascoltato. Dovremmo dunque sviluppare un vero e proprio talento per l'ascolto, per diventare un tutt'uno con quel che di spirituale ascoltiamo. Oggi più che mai cerchiamo di immergerci in tale ascolto, in presa diretta. Le narrazioni delle sacre scritture sono oro che cola, sono verità aulica, sono ciò che è stato tramandato ed è stato selezionato e preparato per noi dagli Acharya precedenti per la nostra evoluzione. Che il nostro sia un ascolto con fede.

Buon Janmasthami a tutti!

Vostra servitrice,

Madhavipriya dasi

 

Narrazioni sacre, ki jaya!

Shri Krishna Janmasthami, ki jaya!

Shrila Gurudeva, ki jay!

Shrila Prabhupada, ki jay!

 

 

L'ascolto degli insegnamenti spirituali

 

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