Il gusto del Brahman
Cantando il santo Nome con tutta la nostra affettività e con umile stato di mente, invocando la misericordia del Signore, riusciamo pian piano a penetrare una dimensione di coscienza e di esistenza superiore. Sperimentiamo allora una goccia di gioia ineffabile, ananda, quell’essenza di beatitudine che è incomparabile, ben oltre la massima espressione di piacere mondano.
Ne consegue naturalmente un progressivo distacco emotivo dalle cose e vicende temporanee del qui ed ora. Non perché vengano disdegnate o trascurate, ma perché risultano insipide e prive di effettivo valore se non collegate ad una dimensione ulteriore di eternità e piena consapevolezza.
Cominciamo infatti a percepire come tutto sia unito da una rete fittissima di fili sottili e collegato al Signore che tutto ha creato. Guardiamo a noi stessi, in tutte le attività che intraprendiamo, considerando sempre il rapporto che abbiamo con il Creatore, il creato e le creature.
In questo modo si abbattono gradualmente le barriere tra immanenza e trascendenza, tra profano e sacro, tra la carne e lo spirito, perché ci situiamo con la coscienza laddove si realizza che la fonte dell’esistenza, in tutte le sue molteplici espressioni, è in verità unica.
Non dobbiamo denigrare il corpo per dedicarci allo spirito, né viceversa. Nella coscienza integrata ogni aspetto della realtà non è disgiunto dalla sua origine divina e, in quanto tale, degno di manifestare le sue innumerevoli potenzialità in armonia col tutto.
Mi torna in mente a questo proposito una metafora upanishadica che paragona il Brahman al sale.
Nella Chandogya Upanishad il Maestro chiede al discepolo di versare del sale in una bacinella d’acqua.
“Lo vedi?”
“No”, risponde il discepolo.
“Assaggia allora un po’ di quest’acqua prendendola dal centro del contenitore. Come la senti?”
“Salata”, risponde il ragazzo.
“Prendine ora dal lato destro e poi dal lato sinistro e dimmi come la senti”.
“Sempre salata, Maestro”.
E così è il Brahman: è invisibile ma presente ovunque, e di ogni cosa rappresenta il rasa, il gusto, il piacere, la gioia.