Quando un'azione può definirsi servizio devozionale?
Recentemente una cara persona mi ha chiesto alcuni chiarimenti sul concetto di servizio devozionale.
Poiché il tema è di grande rilevanza, desidero condividere anche con voi alcune riflessioni che ho offerto nell'occasione. Il tema – ho premesso - è delicato e complesso, quindi difficile è dare una risposta sinteticamente in forma scritta che non lasci adito a fraintendimenti o comprensioni parziali.
Offro dunque intanto degli spunti di riflessione che poi in seguito approfondiremo con chi interessato, anche attraverso vostre eventuali domande.
Il concetto di servizio devozionale non solo è complesso, bensì ancor più è un concetto esoterico, che si disvela gradualmente nella mente e nel cuore dell’aspirante Bhakta, in proporzione al suo impegno nelle pratiche spirituali e all’intensità e purezza del suo desiderio di realizzazione nell’unione d’Amore con Dio.
Il servizio devozionale è tale nella misura in cui si hanno ben chiari i destinatari della nostra offerta, dunque il nostro dativo.
Per chi faccio questo? A chi lo offro?Quanto Guru e Krishna sono al centro dei nostri pensieri, desideri e azioni?
La presenza di quel dativo determina o meno la natura di servizio devozionale di una certa azione o attività. Motivazione (perché lo faccio) e finalità (a chi lo offro) sono infatti i due parametri salienti per determinare che cosa possa esser definito "servizio” o meno.
Lo Shrimad Bhagavatam (I.2.6) spiega che la sacra seva può definirsi veramente tale auando è svolta in maniera ahaituki (senza motivazioni egoiche) e apratihata (senza interruzioni).
L’aderenza ai fondamentali principi del Dharma è ovviamente una conditio sine qua non, perché non possiamo offrire ciò che non è gradito o che addirittura rompe le divine leggi universali che il Signore ha posto a salvaguardia e a beneficio di tutte le creature.
Nell’ambito poi di quelle attività che il Bhakta deliberatamente offre a guru e Krishna, avendo dunque ben chiari i destinatari della propria offerta e con motivazione genuina di servizio, ci sono varie e differenti categorie. Ci sono servizi devozionali più diretti, ovvero più direttamente collegati alla persona del guru e alla sua missione, e servizi devozionali che risultano invece essere modalità più indirette di servire guru e Krishna.
Accudire ad esempio la propria famiglia in coscienza di Krishna rappresenta una modalità indiretta di servire il Signore e il proprio guru, anche se si può ben capire che nell’ambito di una vita spirituale equilibrata e matura, che non può che comprendere ogni sfera di vita, tutto infine rientra nei parametri di quelle attività unicamente volte alla soddisfazione del Supremo, posto che la coscienza del Bhakta sia davvero nitya yukta, sempre collegata a Krishna.
Dunque, in sostanza, ciò che davvero fa la differenza è sempre il nostro livello di consapevolezza, perché Krishna non fa valutazioni formali bensì sostanziali.
Krishna ama e l’Amore è costituito in primis di libertà, dunque il Bhakta è libero di esprimere il suo Amore con tutta la sua creatività e sviluppando il suo personale rasa o sentimento spirituale nella relazione con il Supremo, in armonia con tutte le creature.
Nel mio primo incontro con Shrila Prabhupada, il mio amato Guru Maharaja mi chiese:
“Sai da dove provengono i talenti che hai?”
Subito dopo aggiunse: “I talenti che ognuno di noi ha provengono tutti da un' unica fonte, Dio, Krishna. Vita spirituale è utilizzare quei talenti per servirLo”.
Hṛṣīkeṇa hṛṣīkeśa-sevanaṁ bhaktir ucyate (Caitanya Caritamrita Madhya lila 19.170): La Bhakti consiste nel servire con i nostri sensi [per esteso: con i talenti che Dio ci ha donato] il Signore dei sensi, Shri Hrishikesh”.
Matsyavatara das
servizio devozionale, krishna, servizio, bhakta, guru, Prabhupada,