Skip to main content

Sublimazione

Un’emozione è una scarica di energia. Non è possibile dire: “Prima ci penso, poi mi emoziono”. 

Pensate a un cane ringhioso che sbuca di fronte a voi: non avrete il tempo per dire “Un attimo, ci penso e poi decido l’emozione giusta!” 

Probabilmente ho descritto un fenomeno di cui tutti avrete già fatto esperienza, ma rare persone lo hanno analizzato in modo adeguato e corretto, con un metodo su cui contare nel momento del bisogno. 

Il metodo cui faccio riferimento è descritto sia nella Bhagavad-gita che negli Yoga Sutra di Patanjali, monumenti letterari del pensiero mistico e psicologico di tutti i tempi, in cui si afferma che in presenza di stati emotivi di attrazione (raga) e repulsione (dvesha) si altera il sistema percettivo. 

Alterandosi il sistema percettivo, si altera quello emozionale e cognitivo, che a sua volta altera ulteriormente il sistema percettivo, cosicché gli stati d’animo che si susseguono sfuggono al controllo della persona la quale, incapace di rapportarsi alla realtà dei fatti, cede all'imperio della dualità: fuga-combattimento.

Le emozioni non sono fatte per essere represse, ma per essere gestite costruttivamente, e ciò ê possibile quando andiamo con attitudine distaccata. La reale rinuncia non consiste nel rinunciare all’azione in sé, bensì nel porsi nella giusta motivazione, ovvero quella dello spirito di offerta a Dio, a cui si offre il frutto dell’azione. Evitare di concupire egoisticamente il frutto dell'azione, il non porsi aspettative rigide, ci consente di agire con gioia e soddisfazione.   Anche le percezioni sensoriali devono essere gestite, perché spesso ne conseguono molte complicazioni. 

Le emozioni non devono essere rifiutate e la vera rinuncia non è nell’atto ma nel frutto. Nella rinuncia di per sé potrebbe restare la memoria del gusto della cosa, mentre l’agire in spirito d'offerta (vairagya) non solo ci consente lo sviluppo di quel sano distacco emotivo, ma ci Libera pure dalla dipendenza da quella cosa stessa.

Tyaga, la sola rinuncia fisica o la rinuncia fine a sé stessa non spegne il desiderio per l’oggetto dei   sensi, bensì è lo sviluppo di un gusto superiore che ci consente di liberarci dalla dipendenza da esso.

La Bhagavad-Gita XVIII.23, insegna che l’azione dettata dal dovere e compiuta senza attaccamento, senza attrazione né repulsione, senza desiderio né avversione per i risultati che ne derivano, è detta appartenere alla sfera della virtù (sattva guna).

La trasformazione e la sublimazione del desiderio, che porta a trascendere quest’ultimo, è possibile percorrendo quel sentiero che da  tyaga  (distacco fisico), porta a  vairagya  (distacco emotivo) ed infine alla  bhakti:  azione offerta con devozione a Dio. L’insegnamento conclusivo della  Bhagavad-gita è che la migliore forma di rinuncia è l’azione compiuta non con motivazioni  egoiche, non con attaccamento  egoico  ai frutti, ma per puro spirito di amore per l'anima suprema, Shri Krishna.

Questo sito è gestito dai discepoli di Shriman Matsyavatara dasa Prabhu. Vi puoi trovare audio MP3, foto, video, articoli, memorie e riflessioni del nostro Guru Maharaja e di noi discepoli. Se vuoi collaborare ed aiutare a migliorare questo servizio, ti preghiamo di contattarci!

Copyright © Matsyavatara.com, tutti i diritti sono riservati. Informativa sulla Privacy e Cookies