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Commemorazione di Caitanya Nitai Prabhu

Bhaktivedanta ashrama 29 novembre 2011, "Il tesoro dell'Amore in separazione"
Siamo raccolti nel Tempio di Bhaktivedanta ashrama per celebrare la commemorazione della dipartita di Caitanya Nitai Prabhu, dedicato devoto del Signore e padre del nostro amato Guru Maharaja Matsyavatara das Prabhu. Caitanya Nitai lasciava il corpo il 29 novembre del 1983 alle ore 19. Sono passati ventotto anni da allora ma il suo esempio, ancora vivo nelle parole, nel cuore e nella memoria di chi lo ha conosciuto e di chi ci parla di lui, è d'ispirazione anche per noi che non abbiamo avuto la fortuna di conoscerlo personalmente. I racconti che descrivono la sua persona e gli importanti servizi devozionali che ha offerto con generosità e abnegazione, primo tra tutti la costruzione del Tempio di Villa Vrindavana, sono monito e incoraggiamento a praticare la Bhakti con coscienza, serietà e responsabilità, come lui quotidianamente la viveva, con rigoroso senso del dovere, precisione, puntualità, organizzazione ed efficienza, ordine, schietta onestà e totale dedizione.

Mentre ascoltiamo il nostro Guru Maharaja Matsyavatara das Prabhu che ci parla di Caitanya Nitai, che ci descrive le sue qualità e la sua modalità di vivere la Bhakti, cresce in noi il desiderio di diventare suoi degni nipoti spirituali e così invochiamo anche il suo aiuto affinché ciò possa un giorno davvero accadere. Dopo aver cantato la preghiera “Saparsada-bhagavad-viraha-janita-vilapa” di Narottama Das Thakur, Guru Maharaja Matsyavatara das Prabhu ci offre alcune riflessioni che rimarranno tra gli insegnamenti più belli che in questa vita abbiamo ricevuto.

Cerco adesso di riportarvene alcuni e consiglio a tutti l'ascolto per intero di questa meravigliosa lezione.

“La vita è un viaggio infinito. Nella dimensione incarnata, essa ha come tappe inevitabili gioventù e vecchiaia, nascita e morte. La vecchiaia è non meno importante della gioventù, così come nascita e morte hanno pari valore e utilità nel percorso evolutivo.

La vecchiaia è un'esperienza di straordinario pregio. Attraverso di essa anche le persone più stolide ed esaltate sono chiamate a fare i conti con le condizioni inevitabili che si verificano nell'abbraccio mortale con la prakriti.

La vecchiaia è una lezione da apprendere, è un'esperienza da fare per diventare più saggi e lungimiranti, per conquistare quella sobrietà che magari non si era stati capaci di conseguire in gioventù. E dopo la vecchiaia, la morte è il colpo decisivo che distrugge gli ultimi residui di illusione ed è al tempo stesso strumento di sollievo dal dolore, dai mali e dalle pesanti restrizioni della vecchiaia. La morte ha dunque questo duplice compito: quello di sbaragliare ogni illusione residua e allo stesso tempo di liberare gli esseri da sofferenze non più sopportabili. La morte distrugge i castelli di carta che le persone hanno costruito nella loro vita, con un colpo li fa crollare e riporta tutto a tabula rasa per stimolare a costruire con più senno. Distrugge ma al tempo stesso dà a tutti una nuova possibilità. Rinascere significa rivivere ed ecco che arriva un nuovo giro di giostra, una nuova traversata, un nuovo imbarco nel tentativo di raggiungere finalmente l'altra sponda: quella dell'immortalità, della sapienza e della beatitudine. Ma l'immortalità di cui si parla qui non è il perdurare della vita in un corpo che invecchia. Quest'ultima sarebbe un'immortalità agghiacciante al solo pensarci: se il corpo invecchia e la morte non arriva, la persona sperimenterebbe la più grande condanna e sofferenza: dolori atroci, frustrazioni indicibili, incapacità di compiere le più elementari funzioni fisiologiche, e tutto questo in eterno! Dunque la morte è sia demolitrice dell'illusione, sia creatrice di nuove opportunità. Essa permette di riprendere il percorso con rinnovato vigore, di avere migliori strumenti a disposizione per proseguire il viaggio sulla scorta di tutto ciò che è stato appreso e sviluppato nella vita precedente.

Contro la morte niente è possibile. Non c'è fortezza, farmaco, ricchezza, potere o fama che ci protegga. Niente di ciò che è mondano può difendere il morituro. Per liberarsi dalla paura della morte, occorre comprenderne la funzione sviluppando una genuina visione spirituale. Attraverso di essa potremo allora affrontarla serenamente, perché avremo capito dove vanno le persone care che ci lasciano o dove andiamo noi al momento della dipartita.

Ma che tipo di canto è quello che abbiamo appena ascoltato? Je anilo prema dhana karuna pracur... Cosa canta l'autore di questa laude? Canta le glorie di persone a lui care che sono scomparse, ma attenzione: neanche un parente viene qui menzionato. I nomi citati non sono di consanguinei, nemmeno uno! La relazione di immenso e profondo affetto che qui viene descritta non è fondata sulla consanguineità ma sulle affinità elettive: queste persone erano legate dall'Amore reciproco nell'Amore comune per Dio. Condividevano questo Amore e parlando di Dio e operando per Lui, si illuminavano l'un l'altro, come spiega Krishna nella Bhagavad-gita in quei famosi shloka del decimo capitolo (X.9-10). Queste persone eccelse di cui parla Narottama das Thakur cantavano le glorie del Signore, danzavano in estasi, scrivevano per diffondere gli insegnamenti della Bhakti e vivevano predicando alle folle di allora, trasmettendo il sapere sacro e mostrando con il loro personale modello di comportamento cosa significa essere dedicati al Signore: il loro è un esempio di vita felice, che anticipa nella storia quel che perdurerà in eterno, oltre la storia. Queste grandi personalità sono Shri Krishna Caitanya Mahaprabhu, i sei Gosvami di Vrindavana, Shrinivas Acarya, Krishna das Kaviraja Gosvami, e tanti altri dopo di loro che continueranno la loro divina opera. Questa laude glorifica la vita di persone straordinarie che ora non ci sono più e chi canta esprime la sofferenza della separazione. Non è un lamento per ciò che è accaduto a chi è trapassato, ma è il rammarico di non avere più la compagnia di queste grandi anime. Narottama das Thakur si sente impoverito dalla loro essenza e piange se stesso, tanto che vorrebbe scagliarsi contro le rocce perché la vita gli appare inutile ora che sono scomparsi i suoi tesori, i suoi fari, le fonti della sua gioia.

Così Narottama das Thakur descrive e ricorda Shri Caitanya come il grande Danzatore, che certamente continua ancora a danzare nel suo cuore. Shri Caitanya era eccelso filosofo, asceta e soprattutto il più grande innamorato di Dio che ci possiamo immaginare. Era in verità Krishna stesso, era l'Amore personificato che si era manifestato nel mondo in sembianze umane. Narottama sente il gelo, il vuoto insopportabile della sua assenza e di quella dei suoi più intimi compagni e devoti, anime eccelse nella devozione. Ma se Narottama das Thakur ha realizzato l'utilità della morte e soprattutto la realtà della vita oltre la morte, perché si lamenta e si dispera? Non è forse una contraddizione questa? No, non lo è, poiché il suo non è il pianto di chi non sa: è il pianto di chi sa e di chi al tempo stesso ama; il sentimento di separazione che egli esprime è uno dei più formidabili ed efficaci modi per connettersi spiritualmente a Dio e ai suoi devoti. Questo rasa, questo sentimento, è definito viraha bhakti: il sentimento dell'Amore provato in assenza dell'amato. in sua assenza l'Amore diventa estremamente dolce. Se l'Amore è vero, quando ci si allontana, lo sentiamo ancora più forte. Diventa formidabile e straordinaria la sua presenza interiore. Chi non sopporta la lontananza e nella lontananza perde la capacità di amare esprime i propri limiti. Shri Caitanya dice nello Shikshastakam: "Signore, io non posso sopportare la Tua assenza; anche un solo istante senza di Te mi sembra dodici anni o ancor più". Quando l'Amore è autentico, nella distanza fisica esso si rafforza, incrementa, divampa, si espande. Così le Gopi diventarono le più grandi amanti di Krishna proprio quando il loro Signore si allontana da Vrindavana. Non è facile comprendere ciò, e più la visione è grossolana e fisica, più tale comprensione risulta difficile. Ecco perché noi abbiamo necessità delle Murti, perché abbiamo bisogno di connetterci a Dio attraverso una sua manifestazione sensibile in attesa che si sviluppi in noi quella visione interiore, quella passione ardente che ci fa vivere costantemente con Dio anche in sua assenza fisica.

L'Amore in separazione è ritenuto dagli Acarya Vaishnava come il livello più elevato ed è di questo Amore che è pervasa la laude di Narottama das Thakur. Per me è sempre fonte di grande ispirazione cantarla, ascoltarla, leggerla e ricordarla e desidero farlo oggi per celebrare la dipartita gloriosa di Shriman Caitanya Nitai das.

Caitanya Nitai lasciava il corpo proprio a quest'ora. Alle 19 del 29 novembre 1983.

Con immensa gratitudine, con gioia e con fierezza, con tenerezza e con sentimento di amicizia, offro le mie rispettose obbedienze a lui, non solo come padre ma soprattutto come speciale devoto e caro compagno di viaggio e prego il Signore con intensità che possa accoglierlo e premiarlo per i grandi sacrifici che ha fatto dedicandosi completamente alla Bhakti negli ultimi sette anni della sua vita.

Così come Narottama das Thakur conclude che nella vita non c'è niente che abbia valore se non la compagnia e l'affetto dei Vaishnava, anch'io desidero esprimere questo stesso sentimento. Esistenza dopo esistenza nasciamo in famiglie diverse, diventiamo talvolta parenti, amici o compagni di viaggio, ma quel che conta non è il legame karmico che ci collega. Quel che è importante e che davvero ci può unire nel profondo e per sempre è la condivisione del Dharma, dell'arte dell'offerta, del sentimento puro della Bhakti".

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