Tattva e Lila
Le qualità del Signore e il significato metafisico dei Lila (avventure o giochi divini) sono inconcepibili con il nostro ordinario umano raziocinio. Non per questo dobbiamo screditare l'importanza della capacità logica ma, mentre la utilizziamo al meglio delle nostre possibilità per le funzioni sue proprie e nelle sue varie applicazioni, occorre anche essere ben consapevoli dei suoi limiti, specialmente quando tentiamo di investigare ciò che per definizione è oltre la convenzionale comprensione umana. Uno dei nomi di Krishna è infatti Adhokshaja, "L'Inconcepibile; Colui che è al di là della portata dei sensi e della mente". Esiste tuttavia un processo per elevare la nostra comprensione oltre i limiti della percezione sensoriale e dei sillogismi dell'intelletto. Questo metodo è fornito dalla Sadhana Bhakti attraverso una rigorosa disciplina Yoga (Bhakti Yoga).
Gli Shastra e gli Acarya, i testi sacri e i Maestri della Tradizione, ci hanno fornito insegnamenti indispensabili per avvicinarci a Dio e alle sue differenti manifestazioni con la corretta attitudine, quella che salvaguardia dal cadere preda di contraddizioni e distorsioni prodotte dalla mente. Il primo requisito è il desiderio di realizzazione spirituale e, funzionale ad esso, l'umiltà necessaria per intraprendere un percorso di introduzione alla Realtà oltre il paradigma spazio-temporale.
In forza della Sadhana-Bhakti e della Misericordia divina, tradizionalmente di Guru e Krishna, ci viene svelato l'arcano, l'insegnamento esoterico del Lila, che non può essere misurato o decifrato con i parametri umani; così gradualmente ci si qualifica per scoprire l'esistenza di una dialettica sovralogica.
Attenzione al pericolo delle apparenze! Krishna nella prospettiva di Tattva o Verità assoluta è onnisciente, in quella del Lila o del “gioco divino” sembra che ignori la Sua stessa suprema natura. Ma ovviamente non è così!
Anche quando nel Lila Krishna accetta di comportarsi come un bambino spaventato da Sua madre che lo vuole castigare per aver rubato il maha (la panna), lo è solo apparentemente, per l'economia del Lila, il che significa in primis per soddisfare il rasa o sentimento spirituale che i Suoi devoti hanno sviluppato nei Suoi confronti, ma in realtà (in termini di Tattva) Krishna è sempre onnisciente, onnipotente, onnipresente. Non è che come bambino non si ricordi di essere Dio; ne è invece ben cosciente e, sapendo ciò, risulta illuminante pensare a come Krishna, privo dei limiti tipici di un bambino ordinario, persuada con argomenti logici e filosofici Suo padre e gli anziani saggi di Vrindavana ad adorare Govardhana piuttosto che Indra. Krishna in nessuna circostanza è mai sottoposto a dimenticanza o a nessun'altra limitazione, né all'influenza di Yoga maya o di Maha maya, il che sarebbe peraltro in piena contraddizione con gli Shastra che invece definiscono Dio trascendente rispetto alle Sue Shakti e come il Signore di tutte le energie, inclusa quella illudente di maya.
Dio non nasce né muore, non ha genitori né genera figli; tutto questo avviene solo sul piano del Lila per darci insegnamenti e ispirazione a risvegliarci alla più alta comprensione spirituale. Krishna è descritto come il supremo Essere da cui tutto promana, come il Signore di tutto ciò che esiste (cfr Bhagavad-gita X.8). Da Lui si originano innumerevoli esseri, jiva, ma ciononostante Egli rimane sempre purnam, l'Uno da cui tutto deriva e in cui ogni manifestazione della Realtà è espressa nella sua massima pienezza e perfezione (si vedano Katha Upanisha II.2.13 e Brhadaranyaka Upanishad V.1.1).
Nel Bhagavata Purana XII.12.68, il saggio Suta Gosvami proclama: “Offro i miei omaggi a Dio, Sorgente di eternità e Signore di tutti i deva. Promanando le Sue nove energie materiali (prakriti, purusha, mahat, ahamkara, cinque tanmatra), Krishna ha manifestato in sé la dimora di tutti gli esseri, mobili e immobili, e tuttavia è sempre situato oltre ad essa, nella pura coscienza trascendente”.
Una volta giunti a tale livello di comprensione, ci risulterà accessibile il significato metafisico del Lila, e ci apparirà chiaro come in verità – nel rapporto con il Divino - non siano disgrazie nemmeno quelle che accadono agli esseri ottenebrati (a-sura) ma benedizioni frutto della Misericordia del Signore. Il cosiddetto “castigo” di Dio è un dono di insuperabile e assoluto valore. Appare un castigo solo a chi, vittima di una concezione illusoria dell'esistenza, si attacca a ciò che di effimero c'è in questo mondo, e non comprende che la vera fortuna si ha quando - attraverso il superamento di tale attaccamento e il conseguente genuino distacco dalle apparenze - si riconquista la libertà realizzando la propria natura spirituale. Solo in questo modo si può avere accesso ai mondi invisibili dell'eterna Realtà.
Matsyavatara dasa