Scambi d'Amore
Stiamo vivendo in un'atmosfera di profonda lietezza le due giornate di Shri Vyasapuja dedicate al nostro Maestro.
Ieri Shriman Matsyavatara Prabhu ha introdotto in questo modo l'evento:
"Mi sento in uno spirito di riconoscenza nei confronti di ciascuno di voi, apprezzo la vostra partecipazione a questo evento in cui stiamo assieme nello spirito del Sat-sanga. per esprimere quelle realizzazioni e sentimenti spirituali che non sempre siamo in grado di esternare, anche perché spesso mancano le condizioni e le circostanze giuste per farlo.
Questi due giorni, per chi saprà viverli in maniera profonda, dedicata, immergendosi nell'energia che scaturirà dagli scambi di affetto, priti, e di amore, prema, che naturalmente scorrono da cuore a cuore nella relazione da discepolo a guru e da guru a discepolo, perché vi assicuro che il sentimento è reciproco, saranno una grande opportunità di elevazione spirituale per ognuno di noi. Nella varietà dei rasa che verranno espressi potremo assaporare aspetti sempre più profondi della Bhakti: la condivisione spirituale accresce la consapevolezza, la gratitudine, la gioia.
Nella vita quotidiana è difficile lasciar spazio ai sentimenti dell'anima. Siamo spinti come in un torrente in piena dal flusso delle acque, dalla corrente del tempo, e abbiamo da lottare ogni giorno per non affogare; dobbiamo stare attenti ad evitare gli ostacoli, a non ferirci, a non danneggiare altri, perciò è raro dedicare del tempo esclusivamente all'ascolto profondo, all'osservazione e all'espressione dei sentimenti spirituali, alla loro interiorizzazione nel nostro intimo. In quei rari e preziosi momenti come questo, si creano le migliori condizioni per un dialogo profondo con noi stessi, con i devoti, con Guru e Krishna, e in qualche sprazzo di alta ispirazione possiamo riuscire a disinserire le funzioni automatiche della mente, abituata da tempo immemorabile a “razionalizzare” codificando tutto secondo i suoi schemi limitati, e infine a cogliere i valori più veri, il senso, la ragion stessa per cui si vive. Il resto è solo una montagna di accessori, utili e preziosi quanto volete, ma pur sempre accessori. Per diventare davvero utili, non solo temporaneamente e in maniera fuorviante, essi debbono essere posti al servizio della nostra evoluzione spirituale, unico e reale patrimonio eterno. Se così non avviene, questi “accessori” diventano come palle di piombo ai piedi che portano alla caduta della coscienza, prima alla sua opacizzazione e poi al suo progressivo oscuramento. Resta pur sempre una scintilla che si può intravedere oltre la mente condizionata, come quando certe volte si vede un bagliore di luna dietro nuvole bianche o di sole dietro nuvole scure, ma quel bagliore non è sufficiente a riscaldare e a illuminare; è utile perché ci testimonia che la coscienza elevata esiste come potenziale patrimonio inalienabile sempre e per sempre, in ogni circostanza della vita, anche quando abbiamo sbagliato strada. Quella luce ci dice: “dai che ce la fai, puoi riuscire a correggerti, il Signore è con te e ti dà la forza per arrivare alla meta. Nell'eternità non c'è tempo perso, non c'è tempo trovato. Semplicemente non c'è il tempo e anche tu puoi realizzarlo e ritornare a gioire in quell'autentica e originaria dimensione spirituale”.
Nell'ultimo viaggio dell'anima che abbiamo fatto in India ho spiegato più volte la definizione di Maya. La prima definizione di Maya che Shrila Prabhupada ci offre nella Caitanya Caritamrita, Adi Lila, è che Maya corrisponde all'illusione di esser felici in questo mondo con la prakriti, con gli ingredienti materiali di cui questo mondo è costituito godendone egoisticamente. Si può esser felici in questo mondo ma non in funzione della prakriti ma del purusha ritrovato, riscoperto, realizzato nel suo autentico rapporto d'amore con Dio e con ogni creatura. Da questa definizione di Maya possiamo dedurre che ciò che non ha consistenza ontologica in sé non può permetterci nessuna esperienza di felicità durevole. Dunque, se noi cerchiamo quella felicità completamente appagante, da vivere nella prospettiva dell'eternità, dovremmo riflettere sul nostro rapporto su Dio e interrogarci: quali sono i primi passi per porci in contatto con Dio? Shrila Jiva Gosvami definisce “Sambhanda” questa ricerca. È la ricerca di quella voce universale che risuona nella dimensione delle stelle come in quella degli oceani, nei cuori di tutti gli esseri, ed è la rappresentazione di ciò che è essenziale nella vita, nel viaggio verso noi stessi, verso gli altri, verso Dio. Sambhanda è infatti proprio quella relazione tra Dio e il creato, tra Dio e le sue creature...." CONTINUA NEL PROSSIMO POST
Shrila Gurudeva Vyasapuja, ki jaya!