Il Potere della Meditazione
(Questo scritto si fonda sugli insegnamenti di Shriman Matsyavatara Prabhu ed é frutto della sua ispirazione)
Senza un’organizzazione del principio pensante, l’incessante fluire dei pensieri é casuale e automatico; scorre in mezzo agli alti argini eretti tra il mondo illusorio e la nostra limitata percezione della Realtà Suprema, che ancora non siamo riusciti a penetrare. Barriere che impediscono alla nostra visione di andare oltre alle apparenze, precludendo una comprensione più profonda della realtà. Per poterla intuire e sperimentare è necessario uno sforzo iniziale, poi mantenuto nel tempo, assecondando la sottile e piacevole attrazione che giunge dalla dimensione spirituale, fino a che quell'attrazione diventa spontanea e stabile e converge nel libero fluire della nostra anima . Non è uno sforzo doloroso, anzi, diviene sempre più gradevole, perché è la manifestazione stessa della Realtà che appaga. Questa è la funzione della meditazione, un mezzo con il quale fare un viaggio esplorativo all’interno di se stessi, varcando nuove soglie per accedere a dimensioni sconosciute.
“Lo Yoga è l’espressione più eloquente dello spirito indiano, una conquista spirituale che rappresenta una delle cose più grandi, mai create dallo spirito umano”. Carl Gustav Jung (Opera Completa, vol. XI, p. 569)
Dall’analisi dell’oggetto, l’uomo occidentale ha spesso finito per trascurare se stesso, in quanto soggetto. L’Oriente e lo Yoga hanno sondato il mondo interiore e il campo della coscienza, sviluppando l’introspezione e l’osservazione personale. Per la psicologia indiana, la mente è come uno schermo su cui viene proiettata una storia raccontata per immagini, mentre il sonoro è costituito dal flusso ininterrotto dei pensieri. L’esperienza sensoriale modifica il campo mentale, soggetto a onde d’interferenza (vritti), che condizionano l’individuo se s’identifica con le proiezioni illusorie del falso ego. Le impressioni con le quali nutriamo la mente influenzano in maniera decisiva la struttura psichica, la formano o la deformano; da qui l’importanza di vagliare con cura cosa lasciar entrare o meno nel nostro campo mentale.
Dice Patanjali: “Lo Yoga è citta vritti nirodha”.
Questo metodo di realizzazione spirituale è nirodha (rallentamento e poi estinzione) delle vritti di citta (le modificazioni della mente). Il processo di meditazione non è un semplice pensiero o semplice riflessione, è una trasformazione del principio pensante. Il nirodha indica, infatti, l'estinzione degli automatisimi e dei condizionamenti del pensiero. Attraverso la pratica della meditazione, il pensiero riguadagna autonomia e libertà e torna ad essere in armonia con le funzioni più elevate del sé. Diverso è il pensiero ordinario, che risulta prodotto da una serie di concatenazioni indotte di pensieri e di loro conseguenze e conclusioni, che avvengono quasi in automatico. Tali processi pertengono alla sfera dell’apparente, al mondo della conoscenza sensoriale e alla relativa cognizione intellettiva; si riferiscono, dunque, al mondo delle cose, che si percepisce attraverso i sensi e al mondo dei concetti elaborati attraverso l’intelletto.
La radice in sanscrito “dhi”, corrisponde, invece, a un pensiero modellato in modo tale da favorire la visione spirituale. Nella tradizione della Bhakti, “dhi” non ravvisa il mero pensiero intellettuale, ma uno stato superiore che genera illuminazione e che perviene, infine, alla saggezza e all'amore. Dhyana (meditazione) deriva da “dhi”. La meditazione può condurre a esperienze di natura superiore cui l’intelletto da solo non giunge, perché non è nella sua potenzialità e funzione, laddove non abbia ristabilito un collegamento con il Sé spirituale. Anche attraverso la preghiera, l’orazione e la contemplazione compiamo un’azione esplorativa nel nostro mondo interiore. Ciò che le caratterizza, in comune con la meditazione, è il flusso mentale diretto verso un punto alla ricerca dell'illuminazione e del sostegno divino. Colui che prega e glorifica si concentra, afferrando, imbrigliando e inglobando tutto il principio pensante in questa ben precisa azione. Quando questo processo riesce, si realizza “dhi”. Patanjali ha descritto in modo scientifico e accurato questa tecnica per giungere a Dhyana. La psiche è come una ricetrasmittente, che per natura tende a riprodurre le impressioni che riceve. Lo Yoga e, in particolare, la Bhakti insegnano a nutrire la mente d’impressioni reali e di contenuti corrispondenti al vero.
Il pensiero è il materiale grezzo, la materia prima iniziale del nostro progetto evolutivo. Utilizzando i pensieri, possiamo accedere alla nostra natura più profonda, percorrere il sentiero di questo viaggio verso l’altrove, verso la dimensione spirituale non accessibile né ai sensi, né al solo intelletto. E’ la dimora in cui l’uomo trova il proprio principio divino e Dio. “Citta vritti nirodha” è lo scopo dello Yoga, attraverso il quale connettersi alla propria realtà interiore, in intima unione con il nostro principio spirituale e il Paramatma che risiede nel nostro cuore. Per il pensiero upanishadico, la meditazione è pensiero per conseguire la beatitudine, che si manifesta quando scompaiono i condizionamenti mentali.
Maitri Upanishad VI. 19-20: “Lo yogi trattiene la mente dal volgersi verso l’esterno, il suo respiro controllato ha messo a tacere gli oggetti dei sensi ed egli rimane privo di modificazioni mentali. Fonde così i suoi pensieri nel Signore Supremo”.
Contemplando la forma immanente della divinità, entriamo in relazione con ciò che quell’immagine rappresenta. Lo stesso processo avviene meditando sui Santi Nomi, la mente viene trascesa e il nostro cuore si apre al rapporto intimo con Shri Krishna, il Signore Supremo.
“Pensa sempre a Me, diventa Mio devoto, dedica a Me le Tue azioni in spirito d'offerta. Così assorto completamente in Me, verrai a Me." Bhagavad-Gita IX.34
Nella Bhakti il ricercatore spirituale è mosso dal desiderio di Amore incondizionato per Dio, agisce in modo devoto e dedicato affinché tutte le energie confluiscano a Lui. E’ lo stato di coscienza che cambia, perché non è più generato dal pensiero automatico. Secondo la tradizione, dhyana, la meditazione, è un processo attraverso il quale si passa da un’esperienza meramente sensoriale, empirica e intellettuale a un’esperienza mistica.
Per coloro che si avvicinano per la prima volta alla meditazione sui Santi Nomi (Harinama Mahamantra), magari con qualche incertezza, titubanza o imbarazzo, l’invito è di provare senza timore, perché non vi è da rinunciare o rinnegare alcunché. E’ un’integrazione, un approfondimento, un arricchimento inestimabile. E’ un nutrimento d’Amore. Vi è un solo rischio: innamorarsi di Dio.
Hare Krishna Hare Krishna Krishna Krishna Hare Hare Hare Rama Hare Rama Rama Rama Hare Hare
(Grazie, Shrila Gurudeva, per guidarci attraverso la conoscenza sacra, che conduce all’Amore vero).
Vostra servitrice, bhaktin Barbara