Commemorazione della dipartita di Vaishnava: quando la morte conduce alla vita

Matsyavatara das Prabhu, Bhaktivedanta ashrama, 29 novembre 2012:

Con sentito raccoglimento commemoriamo oggi la dipartita di Caitanya Nitai das Prabhu, che ha lasciato il corpo il 29 novembre del 1983, ed anche la recente dipartita, avvenuta solo poche ore fa, di un altro devoto a noi molto caro, Madhavananda das Prabhu, che stamani intorno alle ore 9 ha lasciato questo mondo.

Uniamo il nostro cordoglio e le nostre preghiere in memoria di questi due speciali devoti che nel medesimo giorno – seppur a distanza di anni – hanno lasciato questa esistenza per dirigersi verso la meta cui ogni anima è destinata in accordo alla vita che ha condotto e ai desideri che ha intrattenuto nel cuore.
Caitanya Nitai das Prabhu ha lasciato il corpo a 68 anni e Madhavananda das Prabhu a 25 anni.
I 29 anni che ormai sono passati dalla scomparsa di Caitanya Nitai Prabhu mi appaiono come se fossero non più di 29 giorni, tanto la sua persona è sempre stata così presente nella mia vita anche dopo la sua dipartita. In tanti momenti mi sono trovato a pensare che in realtà non è mai scomparso, poiché ogni giorno si rinnovano in me i motivi di apprezzamento e il profondo senso di gratitudine nei suoi confronti e talvolta anche il rammarico per non aver sempre dato tutta l'attenzione che avrei voluto alla sua immensa esperienza e competenza su più fronti.
Purtroppo non è facile essere sempre, in ogni momento, così lucidi e profondamente coscienti del fatto che le persone sono di passaggio in questo mondo e che un'opportunità sprecata di valorizzarle non torna più. Certo possiamo e dobbiamo imparare dai nostri errori per correggerci e far meglio, ma anche se ci riusciamo e di fatto miglioriamo il nostro comportamento, le opportunità sprecate non potranno più tornare. Ne arriveranno altre, se svilupperemo la giusta attitudine, ma l'opportunità mancata, così come si era presentata, non sarà possibile recuperarla. Ecco perché dobbiamo implorare la misericordia divina affinché ci renda capaci di dare ad ognuno il meglio, in ogni momento, senza dare per scontato che possa esserci un poi in cui ancora lo potremo fare come ci è data la possibilità di farlo qui ed ora, adesso. Dobbiamo dunque imparare, qui ed ora, ad esprimere agli altri i nostri migliori sentimenti, il meglio di quel che abbiamo e che desideriamo condividere.

Caitanya Nitai è una delle persone più umili che abbia mai conosciuto in questa vita, sempre schivo verso ogni complimento e profondamente onesto, seppur talvolta rude e irascibile. Abnegazione e spirito di sacrificio e di servizio in lui erano formidabili. Queste qualità gli hanno permesso di offrire a Guru e a Krishna, grazie anche al generoso contributo di tanti Vaishnava, un'opera meravigliosa come la ristrutturazione di Villa Vrindavana e la costruzione della sala del Tempio e dell'altare per le Divinità.
Anche se qualche volta le nostre posizioni differivano, perché avevamo caratteri e modi di operare un po' diversi, in ogni occasione la stima e l'affetto reciproci facevano cessare subito ogni eventuale iniziale motivo di conflittualità e rendevano sempre possibile il nostro giungere ad una comune e costruttiva intesa sul da farsi.
Pensare a ciò mi commuove e mi riempie di gratitudine, sentendo che non sono rimasti rimorsi o pesi sul cuore perché i nodi nella nostra relazione di volta in volta – per Grazia divina - siamo riusciti a scioglierli. Nella mia memoria ci sono bellissimi ricordi di tanti servizi fatti assieme e della trasformazione straordinaria di coscienza e di carattere che mio padre ha fatto da quando è diventato devoto e che io ho testimoniato anno dopo anno, mese dopo mese, giorno dopo giorno. Trento è così diventato Caitanya Nitai das Prabhu, iniziando all'età di 61 anni il suo percorso della Bhakti e portandolo avanti con rigore e fermezza dal primo all'ultimo giorno, fino a quando - all'età di 68 anni - ci ha lasciato, anche se poi in verità non ci ha mai lasciato.

Del caro Madhavananda Prabhu desidero ricordare il suo volto sorridente, il suo modo pacato, la sua sensibilità e devozione. Lo ricordo con il japa sempre a portata di mano, sempre desideroso di offrire servizio e di assumersi responsabilità nella sacra seva per la soddisfazione di Vaishnava, Guru e Krishna. Questo giovane devoto se ne è andato all'età di 25 anni, dopo 4 anni di malattia sostenuti dal conforto, dalla saggezza e dall'amore di una madre speciale, Citrarupini Mataji. Adesso, dopo tanta sofferenza, finalmente Madhavananda Prabhu ha spiccato il volo verso l'alto, verso Krishna.
Non valutate di per sé il vivere a lungo come un pregio o un vantaggio inequivocabile, perché tutto dipende da come si vive e dal motivo per cui si vive. Se abbiamo dedicato la nostra esistenza a qualcosa per cui vale la pena vivere, per quella stessa cosa varrà la pena anche morire. In questi casi così fortunati la morte non sarà accompagnata da rimpianti o rimorsi, anzi saranno ridotte al minimo la sua violenza e tragicità, tanto addirittura da risultare liberatoria.
Quando invece non si è vissuto per ciò per cui varrebbe davvero la pena vivere, la morte irrompe come un sopruso, come una violenza e assurdità inaudibile, senza nessuna logica o possibilità di dialogo.
Perciò non è tanto importante se si vive o si muore, ma è importante come si vive e come si muore. Questo è infine ciò che dovremmo capire, e non solo teoricamente, ma facendolo diventare realizzazione provata e nostro tesoro interiore.

Tutte le glorie ai Vaishnava scomparsi, tutte le glorie a Shrila Prabhupada, nostra costante sorgente di ispirazione.