Skip to main content

Esperienze degli abissi ed esperienze delle vette

Matsyavatara dasa - Marco Ferrini

Qualche volta nella vita gli esseri umani fanno esperienze particolarmente difficili, dolorose, in cui sembra loro di essere caduti in un crepaccio, in un baratro, vicini all'annichilamento; ci sono poi persone – ben più rare - che toccano invece vette luminose, con una straordinaria espansione della coscienza in cui sperimentano - seppur anche solo per pochi secondi o minuti - una felicità prorompente. Nel mezzo, tra queste due posizioni agli estremi, vi è la stragrande maggioranza dell'umanità che vive una mediocrità ordinaria.

L'esperienza di baratro l'ho testimoniata più volte in tante persone che ho incontrato e che a me si sono rivolte per chiedere aiuto. Io stesso, due o tre volte nella vita, dai 10 ai 30 anni, sono stato a rischio, ma per intercessione della divina provvidenza sono stato sollevato e salvato da questa esperienza devastante. Non la si sperimenta perché coscientemente la si vuol fare, ma perché – per una serie di fattori che abbiamo prodotto – essa si manifesta nella nostra esistenza. La si può imparare a prevedere e a riconoscere da una serie di caratteristiche, di simboli, di segni e avvertimenti, collegati alle cause che l'hanno originata. Sento grande empatia per chi si trova ad affrontare questa esperienza di abisso, di buco nero, di totale disorientamento; la persona si sente spingere in basso e non c'è fine a quel baratro. In quella condizione di coscienza non c'è il tanto meglio, ma solo il tanto peggio. Chi lo desidera può accogliere questa mia riflessione per interrogarsi su se stesso e cercare di capire se e quante volte ha fatto esperienza di baratro nella propria vita o si è trovato in prossimità di esso, quando e in che modo è riuscito ad evitare il tracollo.
Se dovessi descrivere questo stato di involuzione della coscienza, utilizzerei la seguente metafora: quella del fiume della vita che si ferma. L'acqua rimane in stallo e non scorre più. Sembrano esserci ostacoli oggettivi che producono questa stasi, ma è pur vero che essi sono prodotti in gran parte dalla persona che vive quell'esperienza. E' la persona che si crea il suo baratro e ci casca dentro. Che non sia così anche per l'esperienza di vetta, ovvero che anche la vetta sia il risultato delle nostre proiezioni interiori? Per stretta logica sarei portato a confermare e a dire di sì in entrambi i casi, ma continuando a riflettere su questo delicato tema, a pregare e a meditare, ho approfondito la mia comprensione con quel che segue. Siamo noi a scegliere se andare verso il baratro o verso la vetta, ma entrambi – sia il baratro che la vetta - esistono di per sé, ovvero costituiscono delle possibilità o disponibilità che spetta a noi decidere se accogliere o rifiutare. Nella mia comprensione, Shastra e sadhu ci insegnano che il baratro e le vette non li creiamo né li inventiamo noi, ma noi li possiamo attualizzare, scegliendo quale esperienza vivere nella nostra realtà.
Per un lutto, per la perdita di un figlio che per una madre in particolare è una devastazione, oppure per motivi di ego, una persona può lasciarsi sprofondare nell'abisso, ma può anche scegliere di trasformare quell'evento in una preziosa e salvifica opportunità per ascendere alle vette di consapevolezza più elevate.

Matsyavatara dasa - Marco Ferrini

Anche quando ai nostri occhi sembrano non esserci ragioni per cadere nel baratro, possiamo comunque testimoniare che il baratro c'è chi lo vede e lo vive. Lo stesso accade per l'esperienza estatica che, ignota ai più, per alcune grandi anime realizzate può diventare una realtà permanente, che in un colpo solo cancella tutti gli attaccamenti mondani e i gusti involuti per la mera gratificazione dei sensi. A questa esperienza non si arriva con la sola umana comprensione o con i soli umani sforzi; essa in ultima analisi si manifesta come intuizione spirituale che arriva per grazia divina, così come per uscire dal baratro occorre infine la medesima divina misericordia: in virtù di essa, e unitamente al nostro personale impegno, possiamo riportare chiarezza dentro di noi e ricominciare a far fluire le acque del fiume della vita. In questo modo anche la felicità può riprendere a scorrere, non più bloccata da quegli ostacoli che noi stessi avevamo scelto di frapporre.
Non si possono fare esperienze di vetta se non siamo stati capaci di riconoscere l'esistenza del baratro con le sue caratteristiche e di fermarci prima scegliendo consapevolmente l'altra via, quella che conduce al bel Colle illuminato, al sommo Cielo, come Virgilio dice a Dante all'inizio della Commedia e come Krishna - all'inizio della Bhagavad-gita - spiega ad Arjuna quando quest'ultimo è sopraffatto da una profonda crisi esistenziale. Non si cade nel baratro d'un colpo, né si ascende alla vetta in maniera estemporanea. Questa ascesa è il risultato di un processo costante di errori evitati, oppure di sbagli riconosciuti e rettificati, di prove superate, di sforzi intensi coordinati e volti unicamente ad un fine evolutivo, animati dall'onesto intento di realizzarsi spiritualmente.
L'invidia, la gelosia, la lussuria, la collera, l'avidità, la sete di potere sono tutte corde che tirano nel baratro. La misericordia, la compassione, l'umiltà, la pazienza, il perdono, sono invece le corde che ci aiutano a fare la scalata in vetta. Queste qualità spirituali, tipiche degli autentici brahmana, sono le più elevate da sviluppare; ecco perché i brahmana che con coerenza le praticano e le vivono non dovrebbero sottostare a nessun potere sopra di loro, perché queste qualità rappresentano invero il punto di riferimento più alto. In Bhagavad-gita XVIII.42 Krishna descrive quali sono le principali, da cui si originano tutte le altre; chi desidera porsi in marcia verso le vette, non le impari solo a memoria, ma le comprenda nello spirito con cui vengono vissute e insegnate.
Quelle qualità dovrebbero diventare la nostra natura, penetrare in ogni parte del nostro essere, per poterci gradualmente trasferire dal piano di tamas a rajas e da rajas al puro sattva guna; solo allora non correremo più il rischio di cadere nell'abisso e il nostro sarà un progressivo viaggio evolutivo verso le supreme vette della Bhakti, fidente e devoto amore per Krishna. La pratica della Bhakti è il più potente strumento di evoluzione che permette di sviluppare tutte le virtù descritte e, nella sua massima espressione, essa è la vetta spirituale più alta da raggiungere. Nel viaggio verso la suprema Bhakti, amore e felicità autentici incrementano ad ogni passo. 

 
Matsyavatara dasa

Questo sito è gestito dai discepoli di Shriman Matsyavatara dasa Prabhu. Vi puoi trovare audio MP3, foto, video, articoli, memorie e riflessioni del nostro Guru Maharaja e di noi discepoli. Se vuoi collaborare ed aiutare a migliorare questo servizio, ti preghiamo di contattarci!

Copyright © Matsyavatara.com, tutti i diritti sono riservati. Informativa sulla Privacy e Cookies