Memoria e Tradizione
La Smriti è la trasmissione della conoscenza sacra; essa permette la conservazione della memoria che ha pieno significato e valore solo quando è connessa a ciò che attiene alla realtà spirituale, al Signore supremo, alle sue qualità, forme, nomi e avventure divine (guna, rupa, nama, lila).
Lo Shrimad Bhagavatam (I.2.17) afferma: l'anima diventa completamente soddisfatta quando si pone in ascolto delle glorie del Signore. Quell'ascolto è sublime, di dolcezza infinita.
Ieri sera, sapendo che oggi ricorreva l'anniversario della scomparsa di Shrila Sanatana Gosvami (1488-1558) ho letto alcuni passi tratti dall'opera Laghu Bhagavatamrita di Rupa Gosvami, il delicato e celeste nettare di Bhagavan, che esprime quella speciale ambrosia che possiamo assaporare quando meditiamo su Dio e i Suoi devoti.
La Smriti e le sue opere sono grandiose, perché ci permettono tale meditazione e risveglio alla realtà spirituale. Le istituzioni cadono, gli imperi crollano, ma la Smriti conserva e tramanda la conoscenza sacra, il cui valore spirituale permane in eterno, indistruttibile. L'impero romano, durato più di 2000 anni, dove è adesso? Dove è ora il potente British Empire? Sembravano inespugnabili, eppure anch'essi sono crollati, inghiottiti dallo scorrere inarrestabile della storia. Ma la Smriti è ben oltre la cosiddetta memoria storica, poiché tramanda l'insegnamento spirituale che per definizione stessa è meta-storico, di origine divina. Attraverso il sapere tradizionale della Smriti, che vivifica la memoria e la coscienza degli uomini, viene tramandata la suprema scienza dell'essere, del cosmo, delle relazioni tra Creatore, creato e creature.
Nell'ambito della Smriti, il Guru è quella figura essenziale che ha il ruolo di trasmettere – prima di tutto con il suo modello di vita - il sapere metafisico, che nella nostra tradizione è imperniato sulla Krishna Bhakti, l'Amore per Dio. Mentre ogni impresa mondana si deteriora e va in rovina, la Guru parampara prosegue nella sua opera formidabile di trasmissione del sapere sacro. Chi si riferisce a tale sapere, può addivenire ad una visione d'insieme della realtà, non frammentate o relativistica, ma compiuta, armonica, integrata.
Quando il Guru diparte e ritorna nel mondo spirituale dal quale è venuto, si continuano a ricordare e a tramandare le sue glorie, che rimangono vive nella coscienza di chi si mantiene collegato alla sua opera e ai suoi insegnamenti. Sbaglia chi crede che il Guru muore. Il Guru vive per sempre. Quando è nella dimensione di esistenza incarnata egli insegna con il suo esempio, aiutandoci a ristabilire la nostra relazione d'Amore con Krishna, e quando lascia questo mondo continuano a vivere i suoi insegnamenti, il ricordo e il frutto delle sue opere.
Il Guru non è alla ricerca di simpatie o di complimenti mondani, né tantomeno ne è dipendente; il suo unico scopo è aiutare le persone a realizzarsi spiritualmente, abbandonando le attività empie che ostacolano l'elevazione della coscienza e il conseguente raggiungimento della felicità. Questi comportamenti involuti sono l'esito di pensieri, sentimenti e desideri altrettanto involuti; è dunque indispensabile una trasformazione e purificazione globale della persona, un ritorno alle proprie origini divine. Il Guru favorisce negli altri quelle trasformazioni interiori che ha indotto in prima istanza in se stesso, attraverso la pratica dell'abbandono a Dio, il servizio al Signore e ai Suoi devoti, la meditazione, lo studio della conoscenza sacra. Il Guru ha come unico obiettivo quello di passare in eredità alla gente della sua generazione il tesoro spirituale che lui stesso ha ricevuto in dono. Vivendo questa impellenza, che viene prima di ogni altra cosa, prima ancora dei suoi bisogni o preoccupazioni personali, il Guru realizza che niente viene a mancare a chi si dedica con tutto se stesso alla Missione divina, perché il Signore si prende personalmente cura di coloro che a Lui sono dedicati.
Il termine Guru letteralmente significa 'pesante'; il Guru è tale perché è inamovibile, fisso nella realtà spirituale e dunque stabile, affidabile, non soggetto alle lusinghe, tentazioni o vanità mondane.
E' questo principio archetipico del Guru che celebriamo oggi, in cui ricorre non solo l'anniversario della dipartita di Shrila Sanatana Gosvami ma anche la festività sacra di Guru Purnima, dedicata appunto alla celebrazione della figura del maestro spirituale. Il mio pensiero e la mia gratitudine vanno con gioia al mio Guru, Shrila Prabhupada, che ha incarnato in maniera perfetta quel principio archetipico; nella sua vita terrena egli ha ricevuto critiche ed elogi, ma mai niente e nessuno lo ha portato a deviare dal suo sentiero, dalla sua missione; fisso nel suo amore per la Guru Parampara e per Dio, ha superato ogni prova e ha compiuto imprese meravigliose diffondendo il puro messaggio della Krishna Bhakti.
In questo giorno di buon auspicio, in cui varie tradizioni spirituali si uniscono nel glorificare la figura del maestro spirituale, meditiamo anche sulla divina opera di Shrila Vyasadeva, il maestro spirituale originario. Nel Mahabharata vengono spiegate le ragioni per cui egli si ritirò a Badarika ashrama, sull'Himalaya, per suddividere il Veda originario nelle quattro Samhita e renderlo così disponibile alla gente dell'era di Kali. Vyasadeva, manifestazione stessa di Dio, compila i Purana, il Vedanta sutra e tutta la letteratura vedica per trasmettere all'uomo e alla donna di quest'epoca insegnamenti e strumenti con i quali possono conseguire la salvezza. Onoriamo dunque Shrila Vyasadeva come il Guru originario che tramanda la conoscenza spirituale e sacrifica la propria vita per il bene dell'umanità.
Vyasadeva è il modello perfetto dell'educatore, ruolo così centrale e decisivo nella società ai fini dello sviluppo e dell'evoluzione individuale e collettiva. L'educazione dei genitori segna la vita dei figli, così come l'educazione del Guru segna la vita dei suoi discepoli. Rishabhadeva nello Shrimad Bhagavatam (V canto) ammonisce: che nessuno diventi Guru, padre, madre o Deva se non è in grado di favorire la realizzazione spirituale delle persone di cui si prende cura e che a lui si affidano. L'educatore è tenuto a svolgere il suo ruolo con estrema competenza e amore, ma il successo in questo arduo compito non dipenderà esclusivamente da lui, ma anche dalla volontà e dall'impegno di chi a lui si rivolge per ricevere l'insegnamento. Per volare occorrono due ali: un'ala la mette il Guru; l'altra dovrà metterla il discepolo.
Come ben afferma lo scrittore Carlo Ossola nel suo articolo Diventare buoni allievi:
“La coscienza di questi passaggi, il loro controllo, ciò in cui si costituisce il rapporto maestro-discepolo, è il rito; tutti i luoghi di apprendimento sono stati rituali: la scuola, la chiesa, la corte, l’esercito, la diplomazia. Una società senza riti d’apprendimento, senza discepoli e senza maestri, è una società (come sempre più la presente) che collettivizza dei non-saperi e li cannibalizza, in maniera sempre più efferata”. “In siffatto processo - scrive ancora Ossola - il discepolo e il maestro si proteggono l’un l’altro; l’allievo, ci dice Patanjali ad Panini IV.4.62, deve essere accolto dal suo maestro come sotto a un ombrello; e il maestro deve essere protetto, come da un ombrello, dal suo discepolo”.
[Cfr. “Il Sole 24 ore”, 25 agosto 2002]
Da cosa è scandita l’antica relazione Maestro-discepolo? Dal reciproco servizio, attraverso il quale si ripristina e si rinnova l’ordine facendolo nuovamente dominare sul caos. Ogni azione in cui il Maestro impegna il discepolo è volta a rigenerare quest’ordine, giorno dopo giorno, e tutto quello che il discepolo fa e che offre al Maestro viene da questi immesso in un supremo processo di purificazione che sull’ordine, ritam, si fonda.
Nella Bhagavad-gita Krishna dice ad Arjuna (Bg.IV.1-3): la conoscenza sacra è andata perduta, ma ora io ripristino e infondo in te tale divina sapienza, affinché tu possa a tua volta trasmetterla ad altri. Oggi, nella speciale ricorrenza di Guru Purnima, offriamo i nostri sentimenti di profonda gratitudine a chi è dedicato a trasmettere la conoscenza spirituale per aiutare le persone ad evolvere, a liberarsi dalle loro dipendenze e ad uscire dal gioco al massacro del samsara, l'infuocato cerchio della morte. Nella nostra tradizione, detta anche Bhagavata Dharma o Sanatana Dharma, tale evoluzione non si compie primariamente attraverso le ascesi, le penitenze o la rinuncia tout court, bensì attraverso la pratica fidente dell'Amore. Non si rinuncia al mondo ma si pone il mondo al servizio di Dio.
Quando tale evoluzione interiore si consolida e matura, si manifestano anche segni visibili che talvolta si esprimono in opere sovrumane. La più grande che si possa compiere o testimoniare è quella che produce negli altri la trasformazione ed evoluzione della coscienza, fino alla realizzazione del puro amore per Dio.
Sanatana Gosvami, di cui oggi ricorre l'anniversario della scomparsa da questo mondo, ha espresso e manifestato nella sua vita terrena tale divina opera, ponendosi al servizio di Shri Caitanya Mahaprabhu e impegnandosi, sotto la Sua guida, nella trasmissione della conoscenza sacra e dell'amore divino. Sanatana Gosvami era al secolo ministro del tesoro del governo musulmano di Hussein Shah; ero colto, aveva ricchezze e potere ma il suo cuore ricercava unicamente l'amore per Dio, perché nient'altro sentiva aveva valore e poteva soddisfarlo nel profondo. Deciso ad abbandonare la sua alta carica all'interno del governo musulmano, egli si recò così da Shri Caitanya Mahaprabhu, assieme a suo fratello minore, in seguito conosciuto come Shrila Rupa Gosvami, entrambi pronti a trasformare la loro vita, a farsi discepoli di Shri Caitanya Mahaprabhu e a porsi al Suo servizio. Shri Caitanya Deva infuse in loro i più elevati insegnamenti sull'Amore divino e li incaricò di scrivere trattati sulla Bhakti per diffondere le glorie del Signore. Le loro opere ancora oggi ci trasmettono e veicolano quella conoscenza sacra che conduce al puro amore per Dio, che è strumento di salvezza ed essenza stessa della vita.
Matsyavatara dasa