La storia di Papamocani Ekadashi
Cari devoti, i miei omaggi, glorie a Shrila Gurudeva Matsyavatara dasa Prabhu e a Shrila Prabhupada. Domani ricorre un’importante Ekadashi, Papamocani Ekadashi. Questo giorno di digiuno (da cereali e legumi) ha il potere di conferire la liberazione da ogni attività contraria al dharma, fonte di sofferenza e di involuzione della coscienza. Per prepararci alla giornata di domani, che sarà propizio dedicare il più possibile alla preghiera, allo studio degli insegnamenti spirituali e al servizio a Dio, possiamo leggere la storia che è legata a questa particolare Ekadashi tratta dal Bhavishya Uttara Purana e che pubblichiamo qui di seguito. Importante è tener presente che le ascesi che compiamo in questi giorni di digiuno le possiamo dedicare anche a persone che hanno già lasciato questo mondo e alle quali desideriamo rivolgere tutto il nostro affetto e sostegno spirituale. Buona Ekadashi!
Papamocani Ekadashi
Yudhisthira Maharaja disse: “Signore Supremo, ho ascoltato da Te le glorie di Amalaki Ekadashi, quella che cade nella quindicina di luna crescente del mese di Phalguna (febbraio-marzo); ora vorrei che Tu mi raccontassi dell’Ekadashi che cade nel periodo di luna calante del mese di Caitra (marzo-aprile). Come si chiama, Signore, e quali risultati si possono ottenere osservandola?” Dio, la Persona Suprema, Shri Krsna, rispose: “Migliore tra i re, per il bene di tutti ti descriverò con piacere le glorie di questa Ekadashi, nota come Papamocani, ovvero l’Ekadashi che libera da ogni reazione ad attività compiute contrarie al dharma1. La storia di questa Ekadashi fu un tempo narrata all’imperatore Mandhata da Lomasha Rishi. Il re Mandhata chiese al Rishi: “Grande saggio, per il bene di tutti, ti prego di dirmi il nome di quella Ekadashi che cade nel periodo di luna calante del mese di Caitra, e di spiegare il modo prescritto per osservarla. Inoltre, ti prego, parlami dei benefici che si ottengono osservando questa Ekadashi.” Lomasha Rishi rispose: “L’Ekadashi della luna calante del mese di Caitra si chiama Papamocani. Per il devoto che la osserva con fede, questa Ekadashi annienta l’influenza dei fantasmi e dei demoni. Essa concede anche le otto perfezioni della vita2, soddisfa ogni desiderio, purifica da ogni conseguenza di attività adharma3 ed eleva alla perfetta virtù. Ascolta ora un fatto storico che riguarda questa Ekadashi e Citraratha, capo dei Gandharva, i cantori dei pianeti superiori. In primavera, accompagnato da danzatrici celestiali, Citraratha si recò in una foresta meravigliosa, lussureggiante, ricca di una grande varietà di fiori appena sbocciati. Là fu raggiunto da altri Gandharva, da molti Kinnara (esseri celesti) e dallo stesso Indra, re del cielo. Tutti erano affascinati da questa foresta e la consideravano come uno dei luoghi più belli. Vi si trovavano anche molti saggi, dediti ad ascesi e penitenze. Agli esseri celesti piaceva visitare questa foresta soprattutto durante i mesi di Caitra e Visakmha (aprile e maggio). In quella foresta abitava un grande saggio di nome Medhavi, che le bellissime danzatrici cercavano sempre di sedurre. Una di queste ragazze in particolare, la celebre Manjughosha, aveva cercato in molti modi di attrarre il grande muni4 ma, per il rispetto che nutriva per il saggio e temendo il suo potere acquisito in moltissimi anni di ascesi, non osava avvicinarsi troppo a lui. Così Manjughosha si sistemò provvisoriamente in una capanna distante circa tre chilometri dal saggio, e cominciò a cantare molto dolcemente, accompagnandosi con la tampura5. Persino Cupido si sentì fortemente attratto dal suo canto e si accese di desiderio vedendola e sentendo il profumo del suo unguento fatto con pasta di sandalo. Ricordando la propria sfortunata esperienza con Shiva, Cupido decise di vendicarsi su Medhavi6. Servendosi delle sopracciglia di Manjughosha come di un arco, dei suoi sguardi come di una corda per tenderlo, dei suoi occhi come di frecce e del suo seno come un bersaglio, Cupido si avvicinò a Medhavi con l’intento di interromperne la meditazione e i voti. In altre parole, Cupido usò Manjughosha come suo strumento per cui, quando ellaposò il suo sguardo su quel potente e affascinante giovane saggio, anche in lei si agitò il desiderio. Vedendo quel sapiente, con il filo brahminico bianco e pulito che gli ricadeva dalla spalla e il bastone di sannyasi7, seduto in meditazione nell’ashrama di Cyavana Rishi, Manjughosha desiderò avvicinarsi a lui. Le campanelle alla sua cintura e alle cavigliere tintinnavano armoniosamente con i bracciali ai polsi seguendo la melodia del suo canto affascinante. Il saggio Medhavi rimase incantato e capì che quella meravigliosa ragazza desiderava unirsi a lui. Fu in quell’istante che Cupido potenziò la sua attrazione verso Manjughosha, scoccando le sue potenti frecce: il gusto, il tatto, la vista, l’odorato e l’udito. Manjughosha si avvicinò lentamente a Medhavi, affascinandolo con le movenze del corpo e con sguardi languidi. Con grazia posò a terra la sua tampura e abbracciò il saggio, proprio come un rampicante quando abbraccia un albero alto e robusto. Affascinato, Medhavi interruppe la sua meditazione, decise di lasciarsi andare e, immediatamente, la sua purezza di cuore e di mente s’incrinò. Dimenticandosi persino della differenza tra il giorno e la notte, si appartò con lei per immergersi in un lungo dolce gioco. Terminato il suo compito, quando si accorse che il giovane yogi aveva ormai seriamente compromesso la propria vita spirituale, Manjughosha cercò di accomiatarsi da lui, per cui gli disse: “ Grande saggio, ti prego, permettimi di tornarmene a casa.” Medhavi rispose: “Ma sei appena arrivata, bella fanciulla. Ti prego, resta con me almeno fino a domani!” Temendo i grandi poteri yoga del saggio, Manjughosha acconsentì a rimanere e così trascorsero cinquantasette anni, nove mesi e tre giorni, ma per Medhavi fu come se fosse passato un solo istante. Di nuovo la ragazza gli chiese: “Ti prego, permettimi di andarmene via.” Medhavi rispose: “Mia cara, ascoltami. Resta con me ancora un’altra notte; partirai domattina. Rimani accanto a me finché avrò terminato i miei doveri del mattino e cantato il sacro mantra Gayatri. Ti prego, aspetta fino a quel momento.” Manjughosha, pur continuando a temere i grandi poteri del saggio, insistendo disse: “Quanto tempo ti ci vorrà ancora per terminare i tuoi mantra mattutini e i tuoi rituali? Per favore, sii buono. Pensa a tutto il tempo che hai già passato con me!” Il saggio rifletté sul tempo trascorso con Manjughosha e rimase sconcertato: “Com’è possibile? Sono rimasto con te per più di cinquantasette anni!” I suoi occhi diventarono rossi e cominciarono a emettere scintille. Ora guardava Manjughosha come se vedesse la morte personificata, colei che aveva distrutto la sua vita spirituale. “Maledetta! Tu hai ridotto in cenere tutti i frutti delle mie ascesi, quei frutti che avevo accumulato con tanta fatica!” Tremando per la collera, maledisse Manjughosha: “Tu, squallida peccatrice dal cuore di pietra, non conosci altro che il peccato! Sarai colpita da ogni sventura! Disgraziata, ti condanno a diventare un malvagio fantasma!” A quelle dure parole del saggio Medhavi, la bella Manjughosha lo implorò umilmente: “ Migliore tra i brahmana, ti prego, sii misericordioso con me e ritira la tua maledizione! Grande e potente saggio,si sa che la compagnia dei puri devoti produce effetti immediati, mentre le loro maledizioni diventano effettive soltanto dopo sette giorni. Io sono rimasta con te per cinquantasette anni, perciò mio signore, abbi pietà di me!” Medhavi Muni rispose: “Dolce signora, cosa posso fare ormai? Tu hai distrutto il frutto di tutte le mie ascesi. Nonostante questo tuo peccato, ti diròcome potrai liberarti da questa maledizione. Nella quindicina di luna calante del mese di Caitra ricorre un’Ekadashi particolarmente propizia, capace di annientare ogni peccato. Si chiama Papamocani. Chiunque digiuni in questo sacro giorno si libera completamente dalla condanna a rinascere in una forma demoniaca.” Dette queste parole, il saggio se ne tornò immediatamente all’ashrama di suo padre. Vedendolo mentre rientrava nell’eremitaggio, Cyavana Muni gli disse: “Figlio mio, con il tuo comportamento sbagliato hai dilapidato la ricchezza delle tue penitenze e delle tue ascesi.” Medhavi rispose: “Padre, ti prego, dimmi qual è l’espiazione che può neutralizzare l’abominio che ho commesso frequentando la danzatrice Manjughosha.” Cyavana Muni gli spiegò: “Caro figlio, devi digiunare in Papamocani Ekadashi, quella che cade nella luna calante del mese di Caitra. É un’Ekadashi che sradica qualsiasi peccato, anche il più terribile.” Medhavi seguì il consiglio del padre e osservò il digiuno in Papamocani Ekadashi. Così tutti i suoi peccati furono annullati ed egli tornò a risplendere di grandi meriti. Così fece anche Manjughosha che osservò lo stesso digiuno, e fu perciò liberata dalla maledizione che la condannava a diventare un fantasma. Recuperò così la posizione che aveva perduto e fu riammessa nei pianeti celesti.” Lomasha Rishi continuò: “Signore, il grande beneficio di Papamocani Ekadashi consiste nel fatto che chiunque osservi questo giorno con fede e devozione vedrà completamente distrutti tutti i suoi peccati.” Shri Krishna concluse: “Re Yudhisthira, chiunque legga o ascolti le glorie di Papamocani Ekadashi ottiene lo stesso merito che avrebbe guadagnato donando mille mucche in carità, e vede distrutte le conseguenze nefaste che possono derivare dall’avere ucciso un brahmana o un embrione con l’aborto, dal bere liquori o dall’avere rapporti sessuali con la moglie del guru. Questi sono gli incalcolabili benefici che derivano dall’osservare adeguatamente questo sacro e meritorio giorno di Papamocani Ekadashi, che Mi è così caro.” Così termina la narrazione delle glorie di Caitra-krishna Ekadashi, tratta dal Bhavishya-uttara Purana, detta anche Papamocani Ekadashi.
- Ordine etico universale di origine divina.
- Qui ci si riferisce presumibilmente agli otto stadi di perfezione descritti nella letteratura indovedica: anima (capacità di ridurre il corpo fino alla misura di un atomo); mahima (capacità di massima estensione del corpo); garima (capacità di diventare estremamente pesanti); laghima (capacità di diventare estremamente leggeri); prapti (capacità di recarsi in ogni luogo); prakamya (capacità di soddisfare ogni proprio desiderio); istva (perfetto auto-dominio); vastva (potere e massima influenza sugli altri).
- Contrarie al dharma, l’ordine etico universale.
- Saggio.
- Strumento musicale indiano.
- Dopo aver perduto la sua amata sposa Sati durante il sacrificio di Prajapati Daksha, Shiva distrusse tutta l’arena del sacrificio; poi riportò in vita il suocero Daksha innestandogli la testa di una capra; infine si sedette a meditare per sessantamila anni. Brahma chiese però a Kamadeva (Cupido) di interrompere la meditazione di Shiva. Cupido, usando le sue frecce attaccò Shiva, che infine interruppe la sua meditazione. Era così furioso per essere stato disturbato che subito ridusse in cenere Cupido con uno sguardo del suo terzo occhio.
- Chi pratica il sannyasa, la vita di rinuncia.