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Famiglia, genitori e figli - Riflessioni sulla procreazione

Nei periodi di rapida trasformazione socioculturale come quello che stiamo vivendo è doveroso chiedersi se e come possano sopravvivere rapporti familiari delicati ed essenziali come quelli tra genitori e figli, senza che si smarriscano il senso e lo scopo ultimo di questa relazione basilare per ogni individuo, finalizzata allo sviluppo umano e spirituale.
Genitori e figli, oggi, con una struttura familiare sempre meno imperniata su valori etici e spirituali, rischiano di naufragare in una specie di "terra di nessuno" dai confini incerti, dove sentimenti, ruoli e comportamenti devono essere spesso improvvisati e sperimentati a prezzo di gravissimi danni umani, individuali e collettivi.
La predominante influenza della cultura edonistico-consumistica, ha progressivamente distolto l'attenzione della maggioranza della gente da un percorso di sviluppo spirituale, accreditando al suo posto pseudo-valori che hanno profondamente trasformato e deformato i concetti di persona e famiglia.

La tecnologia ha dato un poderoso impulso alla scienza in molti campi ma non si è di pari passo sviluppato un modello etico capace di risolvere i problemi che le nuove frontiere dello sviluppo tecnologico ci hanno drammaticamente quanto urgentemente posto di fronte; per citarne solo alcuni: carenze alimentari ed energetiche, incertezza sull'uso del nucleare, finanza ed economia, contaminazione genetica. Anzi, a fronte di tante vecchie e nuove tensioni, indebolendosi l'autentico spirito religioso, si è sviluppata una diffusa degenerazione etico-comportamentale.
Tutto ciò ha contribuito a stravolgere i tradizionali rapporti all'interno della famiglia, in particolar modo quelli tra marito e moglie e tra genitori e figli, al punto da dover riscrivere il diritto di famiglia per tener conto di tutte le odierne trasformazioni. Basti ad esempio pensare all'esercito di ragazze madri, non poche delle quali poco più che bambine, all'incremento degli aborti, oppure alle milioni di vittime della droga e dell'abuso di tabacco e alcool. Altro chiaro segno del disagio è la sofferenza dei figli di coppie divorziate o di coloro che pagano il conto della violenza familiare sempre più frequente. Così, in un mondo che appare impazzito, le prime vittime sono proprio i bambini, sempre più ammalati di disturbi caratteriali.
A un’attenta lettura di questi fenomeni non sfugge la carenza di valori etici e spirituali che ne ha determinato lo sviluppo, né il fatto che la famiglia abbia smarrito la propria ragion d'essere: il fine trascendente dell'esistenza. Oggi più che mai, la religione sembra ridotta a mera formalità e Dio viene chiamato in causa solo perché garantisca quel benessere sociale che pare essere diventato l’unico scopo della vita. In questo pantano morale, genitori e figli, e anche moglie e marito, hanno spesso interessi egoistici che contrastano con lo spirito della famiglia, per cui non raramente convivono solo per convenienza in una relazione svuotata di significato sacro e non orientata al superiore bene comune. Quando uno dei due coniugi, infatti, non ha più il suo tornaconto egoistico, rapidamente mostra apatia, assenza di spirito di sacrificio, rompendo spesso senza indugi e senza rimorsi il legame familiare.
Oggi molti percepiscono la famiglia non come entità sacra ma piuttosto come società a responsabilità limitata, dalla quale si esce quando si vuole purché ci si accordi economicamente. Un comportamento sessuale disinvolto e irresponsabile con il conseguente ricorso all’aborto, così come al tradimento e al divorzio, diventa pratica comune e, nel delirio di una illusoria conquista di libertà, il degrado morale viene scambiato per emancipazione. I genitori lavorano entrambi alacremente per provvedere ai sempre crescenti pseudo-bisogni imposti dalla cultura consumistica, mentre i giovani risentono negativamente della carenza di educazione e di esempio da parte dei genitori. L'educazione dei figli, sempre più spersonalizzata, viene di fatto delegata ad estranei e ai mass media.
Nella tradizione indovedica, la famiglia (griha) costituisce una delle quattro tappe del percorso umano verso la liberazione dai condizionamenti, finalizzata ad offrire affetto, protezione ed educazione ai suoi componenti. La famiglia tradizionale era un’istituzione solida perché poggiava le fondamenta su saldi princìpi etici e spirituali. Era costituita dai nonni, dai genitori, dai fratelli, dagli zii, dai cugini. Le responsabilità e i ruoli erano ben definiti e venivano appresi sin dall'infanzia. Con essi s’imparavano il rispetto delle regole civili, la reverenza agli anziani saggi e l'amore per Dio. Il Creatore, il creato e le creature tutte, umane e non, avevano il sacro diritto di esistere nelle loro dimensione terrestre e cosmica.
Nella famiglia il ruolo dei genitori è decisivo per il progresso dei figli. L'efficacia dell'insegnamento deriva essenzialmente dalla forza del modello. Solo genitori umanamente e spiritualmente evoluti, al tempo stesso austeri e amorevoli, leali con tutti, giusti e generosi, potranno ispirare nei figli un comportamento analogo.
Nella civiltà indovedica i giovani frequentavano fino all'età adulta la scuola del guru, dove venivano educati alla spiritualità ma anche sulle responsabilità familiari. Essi non venivano incoraggiati a sposarsi prima di aver ricevuto dal maestro il riconoscimento di maturità socio-etico spirituale, indispensabile per entrare con successo nella vita di famiglia. Era decisamente sconsigliato assumersi il ruolo di genitore se non si era capaci di facilitare il progresso umano e spirituale dei propri figli e, attraverso complesse liturgie, favorire il percorso post-mortem degli anziani della famiglia, orientandoli verso la liberazione finale.
Nella famiglia tradizionale il padre è la guida socio-spirituale naturale della famiglia, insegna con l'esempio, provvede a tutte le necessità e protegge i familiari dai pericoli della vita, educa i figli e li aiuta nella scelta del maestro spirituale che darà loro l'iniziazione (diksha guru) e che li guiderà gradualmente verso la riscoperta della loro natura divina e luminosa e della loro relazione d'amore con Dio. La donna viene educata con cura fino dalla più tenera età affinché sviluppi le virtù indispensabili al successo nella vita familiare: la gentilezza, l’accoglienza, la pazienza, la fedeltà, la collaborazione amorevole con il marito e la cura dei figli, degli ospiti e della casa. La sposa, oltre che madre generosa e amorevole dei propri figli, ne è indispensabile educatrice nonché l'assistente più intima del marito: come tale è amata e rispettata come una regina (cfr. Rig-Veda  X.85, 20-47) da tutti i membri della famiglia. Il marito, a sua volta, è educato a trattare la moglie con affetto e rispetto e a provvedere ai suoi bisogni secondo le proprie possibilità, ma soprattutto ad aiutarla nella sua crescita spirituale attraverso il proprio modello di comportamento. Nei Veda la moglie è descritta come la migliore metà del corpo del marito ed ella sa che non può raggiungere la liberazione (moksha) senza aver compiuto i propri doveri verso di lui e verso la famiglia. Il marito, a sua volta, è cosciente che non può liberarsi se non avrà curato ed educato umanamente e spiritualmente la propria famiglia, che da lui dipende. Il lavoro, la preghiera, il cibo, le relazioni, i matrimoni, i riti collegati alle nascite e alle morti, tutta la vita familiare viene vista come una serie di attività tese alla purificazione e allo sviluppo della consapevolezza spirituale, fino alla maturazione del puro sentimento d'amore e devozione a Dio (bhakti-yoga). In questo contesto tradizionale la casa diventa come un tempio e la famiglia una comunità pervasa di spiritualità: è un monumento alla devozione in cui si gioisce del vivere servendo e adorando il Signore; vi si conduce un'esistenza pura, semplice e santa. L'educazione dei figli, affinché da adulti siano capaci d’impostare con successo la loro vita, diventa il principale scopo dei genitori. Niente è dunque lasciato al caso: la nascita e la crescita dei figli è regolata da riti religiosi (samskara) atti a consacrare le varie tappe lungo il sentiero della  nostra esistenza In lingua sanscrita “figlio” si dice putra, che significa ‘colui che salva dalle conseguenze del peccato’ (letteralmente: dall'inferno detto pu). Il genitore che investe le sue energie nell'educazione spirituale dei figli guadagna meriti pari alla somma di quelli ottenuti da chi ha compiuto ogni specie di sacrificio (yajna), ascesi (tapas), pellegrinaggio (dhama, tirtha), donazione (dhana) e studio dei Veda (svadhyaya). Canakya Pandita, un grande saggio vissuto in India circa 2.300 anni fa, nel suo celebre trattato etico-comportamentale (Niti-shastra) insegna che i figli vanno trattati sempre con dolcezza fino all'età di cinque anni, educati con cura e fermezza fino ai quindici e poi trattati come amici per il resto della vita. Rimproverare duramente i figli in età superiore ai quindici anni, qualora non abbiano ancora ricevuto un'adeguata educazione e sviluppato sufficiente consapevolezza delle loro responsabilità, della stima e dell'affetto verso i genitori, significa correre il rischio di trasformarseli in nemici. Il saggio Canakya dice che avere figli che non siano né devoti di Dio, né studenti della scienza sacra, è come avere occhi che non vedono, inutili accessori che procurano solo dolore.
Oggi le condizioni sociali sono talmente peggiorate che tante persone hanno paura di fondare una famiglia; non si fidano e temono di crearsi un futuro infausto; temono tradimenti e malversazioni da parte dei familiari, ricatti e cause legali, insomma una vita di tormenti. Tuttavia, pur tenendo conto delle enormi ed oggettive difficoltà che oggi più d'ieri si prospettano a chi si accinge ad entrare nella vita di famiglia, chi non fosse ancora pronto a rinunciare al desiderio di diventare marito o moglie, padre o madre, sappia che, dal punto di vista sociale, non è mai stata disponibile un'alternativa costruttiva rispetto alla famiglia e che tutte le improvvisazioni in tal senso si sono sempre rivelate dolorosi fallimenti. Se la famiglia così come si presenta oggi non sembra affidabile, se marito e moglie soffrono di mancanza di fiducia reciproca, se genitori e figli si guardano con sospetto, che fare? Come umani soffriamo di tanti limiti ma non dimentichiamo che la nostra matrice è divina, meglio dunque implorare l'aiuto del Signore e percorrere un cammino sperimentato di progresso spirituale per la destrutturazione dei condizionamenti inconsci, l’armonizzazione della personalità e l’elevazione della coscienza, che consenta una migliore relazione con se stessi e con gli altri e la percezione e visualizzazione di livelli superiori di realtà. Con la coscienza vivificata diventa allora possibile organizzare la vita familiare e sociale senza fobica ansietà, strutturando gradualmente le proprie abitudini e relazioni umane sul modello e sui valori universali indicati dai saggi di tutti i tempi.

Sulla procreazione
Prima di decidere se procreare o meno, occorre verificare una serie di presupposti. Da un punto di vista fisiologico è importante che ci siano la salute e l'età adeguate. La consultazione con un buon ginecologo potrà dare le informazioni necessarie. 
L'idoneità da un punto di vista fisiologico è importante, ma ancor più lo è quella dello stato caratteriale: temperamento, umore, emozioni dovrebbero costituire un carattere in buon stato di equilibrio, di armonia, con le qualità di fiducia e serenità. In condizioni psicologiche opposte si avrebbero conseguenze imprevedibili. 
Ma ancora più importante dello stato psicologico è che ci sia una genuina  vocazione a procreare, il che significa: abnegazione, desiderio di accogliere, accudire, assistere, nutrire, curare, educare, correggere, provvedere ai bisogni ordinari e straordinari della prole, sapendo che questo compito richiede un impegno di almeno trent'anni per ogni figlio,  che andrebbe vissuto con serenità, gioia, dedizione, perseveranza e senso di responsabilità.
La procreazione necessita di un determinato contesto: la casa è il contenitore, la famiglia è l'istituzione, i mezzi economici sono la risorsa necessaria, ma niente di tutto ciò, seppur indispensabile, è di per sé sufficiente. Ciò che è essenziale è il sentimento d'amore: non un amore generico, ma quell'espressione massima dell'amore materno e paterno che dovrebbe unire ciascun genitore ai propri figli.
I figli richiedono un'attenzione continua, costante, un intenso desiderio di dispensare cure, di dare affetto, di sacrificarsi per il loro bene superiore.  
Se la vocazione ad essere madri o padri è carente si diventa genitori carenti, con le immaginabili ricadute psicologiche sui figli. 
Come spiegano le Scritture e come ci evidenzia l’esperienza, diventare genitori richiede l'assunzione di una responsabilità che necessita di un’adeguata preparazione tale da ravvivare l’autentica vocazione e non lasciarsi condizionare da pressioni di tipo sociale.

Matsya Avatara dasa

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